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Josè, grazie per le tue ricerche.
Sergio.
Pietro, grazie per gli “interessantissimi”, sei troppo buono!
Alberto,purtroppo al momento è una palma rara ed i semi sono praticamente introvabili e lo saranno almeno fino a che qualcuno non si decida ad andare vicino a Blountstown a cercare di raccoglierne un pò. Può darsi che questo articolo possa dare un impulso a questa ricerca.Conosco attualmente due appassionati americani che hanno un esemplare adulto ciascuno, ma uno solo per adesso ha fruttificato ed i semi che ho ricevuto provengono da quest’ultimo.
Saluti
Sergio
Alberto, escluderei il palmetto per la insufficiente divisione in profondità dei segmenti fogliari.
Levante,il limite massimo del diametro dei semi del minor, 6,9 mm,essendo un estremo accade molto raramente. Se hai misurato 7 mm anche in un solo caso, possiamo orientarci su bermudana e mexicana. Queste due specie si distinguono l’una dall’altra soprattutto per la lunghezza dell’infiorescenza. Dall’ultima foto che hai postato mi sembra di notare sulla destra una infiorescenza secca che mantiene solo nella ramificazione di base alcuni semi. Sembrerebbe piuttosto lunga, grosso modo quanto le foglie. L’infiorescenza lunga quanto le foglie è una caratteristica del mexicana perchè nel bermudana è molto più corta. Si tratterebbe pertanto di un mexicana. Ho usato appositamente il condizionale perchè non è finita.Talvolta capita che, solo in età giovanile, il bermudana produca sporadicamente infiorescenze piuttosto lunghe quasi quanto le foglie per cui, per essere pignoli, bisogna controllare la lunghezza della nuova infiorescenza il prossimo anno: se continua ad essere lunga quanto le foglie,è sicuramente mexicana, se torna ad essere decisamente più corta è bermudana.
Sembra un procedimento troppo pignolo, in realtà non lo è anche se molti,come Alberto, non saranno d’accordo.Saluti,
Sergio
Levante,appena ho visto il bulbo nella prima foto ho pensato subito al Sabal minor.E’ caratteristico del minor, senza alcuna divisione nelle basi rimanenti dei piccioli. Poi però la seconda foto, quella della foglia, mi ha messo un pò in crisi con i numerosi e lunghi filamenti. Nel minor sono in generale pochi e corti.Il minor produce due infiorescenze dritte di cui una almeno si proietta al di la delle foglie. Nelle foto le infiorescenze sono piegate, forse perchè vecchie, ma sembrano abbastanza lunghe.Nel mexicana le infiorescenze sono lunghe quanto le foglie mentre nel bermudana sono lunghe quanto il picciolo o poco più. Può essere escluso il palmetto perchè i segmenti centrali della foglia sembrano divisi per circa 1/2 mentre nel palmetto sono divisi per circa 2/3. Per concludere l’esame, oltre a verificare la lunghezza dell’infiorescenza, bisognerebbe verificare il diametro dei semi. Nel minor è 4,4/6,9 mm, nel bermudana e mexicana è decisamente maggiore.
Mi scuso se mi sono dilungato in noiosi ragionamenti ma, nel caso di Sabal, bisognerebbe sempre farli.
A mio personale parere la palma sembra un minor con le infiorescenze piegate ma, poichè sono presenti numerosi e lunghi filamenti,potrebbe essere anche un mexicana o un bermudana. E’ necessaria,ripeto,una verifica sulla lunghezza dell’infiorescenza e sul diametro dei semi per la scelta definitiva.
Spesso non è molto facile identificare correttamente un Sabal ed anche quando lo sembra possiamo essere indotti in errore(l’ho sperimentato sulla mia pelle) se non facciamo tutte le necessarie verifiche.
Saluti,
Sergio.
Allora non ho sbagliato.Ciao,
Sergio.
Quando sono molto giovani come le palme di Filifero e Juglans, la distinzione non è molto facile. Entrambe le specie in questa fase hanno il rosso alla base dei piccioli, tuttavia nella robusta il rosso è più esteso e più intenso. Delle due, quella di Filifero mi sembra realmente una filifera mentre quella di Juglans sembrerebbe più un ibrido che una filifera, il rosso mi sembra un pò troppo esteso.Bisogna controllare anche la base della pianta perchè la robusta forma molto presto un allargamento basale che assume quasi le forma di una piccola cipolla mentre la filifera mantiene sempre, anche se molto giovane, una forma cilindrica. Saluti,
Sergio.
L’A. engleri ha dimostrato di essere una specie sorprendentemente resistente al freddo. Due A. engleri di 14 e 10 anni hanno sopportato a Sabaudia(luogo notevolmente umido) -7°C nell’inverno 2010/2011 senza alcun danno. Saluti,
Sergio
Coltivatori inglesi hanno riportato che in Gran Bretagna la B. eriospatha è un pò più resistente al freddo della B. odorata (già capitata).Saluti,
Sergio
Federico,per quello che riguarda il gruppo di palme, sono d’accordo sul fatto che siano “filifera”,il tronco è cilindrico e,soprattutto,i piccioli sembrano essere quelli della filifera,senza la macchia scura alla base e con spine chiare e piccole.Almeno per quello che vedo sembra che siano così.I miei dubbi sono riferiti all’esemplare singolo che visto da lontano mi farebbe pensare più ad un ibrido che alla robusta.Ma non potendo esaminare i piccioli uso il condizionale,potrei sbagliarmi.
Caio,sono rimasto recentemente stupito nel vedere le Washingtonia del lungomare di Ostia-nord molto bruciate.Poichè a Roma sono rimaste intatte, probabilmente il fenomeno è anche dovuto alla notevole percentuale di salinità nel vento marino di Ostia. Non so però se nel caso della Washingtonia di Federico la causa sia la stessa perchè bisogna considerare che il litorale adriatico in inverno è sensibilmente più freddo di quello tirrenico.
Saluti,
Sergio.
Se posso,vorrei solo suggerire di non essere estremamente sicuri quando si osserva una Washingtonia da lontano nel dire che sia una specie o l’altra.A meno che le caratteristiche non siano ovviamente eclatanti.Mi è capitato più volte di osservare da lontano degli esemplari che sembravano robusta e che invece ad un esame
ravvicinato si sono rivelati filifera.Senza considerare che esistono anche gli ibridi tra le due specie ed anche in numero notevole.Suggerirei pertanto di sciogliere la “riserva” solo dopo un esame ravvicinato del picciolo fogliare. Saluti,
Sergio.
Osvaldo ho dimenticato di inserire le seguenti specie:
– B. catarinensis (già B. capitata var. odorata)
– B. eriospatha
– B. exospadix (nuova specie)
Spero di non averne dimenticato nessuna.
Sergio
Osvaldo, molto recentemente il genere Butia è stato rivoluzionato dal botanico brasiliano Harri Lorenzi.Riporto di seguito sinteticamente la nuova organizzazione del genere Butia,potrebbe essere interessante conoscerla:
– Butia archeri
– B. campicola (nuova specie)
– B. capitata (chiamata così una nuova palma con tronco corto e tozzo dal Brasile centrale)
– B.lallemanti (nuova specie)
– B. lepidotispatha (nuova specie)
– B. leptospatha (nuova specie)
– B. marmorii (nuova specie)
– B. matogrossensis (nuova specie)
– B. microspadix
– B. odorata (già capitata)
– B. parguayensis (solo esemplari con tronco aereo)
– B. pubispatha (nuova specie)
– B. purpurascens
– B. witeckii (nuova specie)
– B. yatay
Come vedi il cambiamento è notevole.Saluti,
Sergio
Purtroppo acquistando un “seedling” ibrido,ci si può accorgere dopo un certo numero di anni che ibrido non è o che comunque la palma è tale da giustificare molti dubbi.Nell’ibridazione di prima generazione le palme ibride hanno il 50% del patrimonio genetico di entrambi i genitori e quindi in genere dovrebbero manifestare qualche carattere sia dell’uno che dell’altro anche considerando il fatto che alcuni potrebbero essere più manifesti degli altri.Nel caso della palma di Sabatoosvaldo vedo solo i caratteri della Butia capitata o,come viene oggi chiamata,della B.odorata.
In particolare se osserviamo i segmenti fogliari o pinnule,poichè quelle della Jubaea sono reduplicate,hanno cioè la sezione a V rovesciato,l’ibrido adulto dovrebbe mostrare ancora questa caratteristica anche se in modo attenuato.Nella palma in questione le pinnule,con esclusione dell’attaccatura al rachide, sono piatte proprio come quelle della B.odorata.
E’ comunque solo una mia opinione personale,con gli ibridi si può sbagliare molto facilmente. Saluti,
Sergio.
Se può interessare,una clara con un bulbo di circa 25 cm. di diametro ha sopportato in Sabina,anche negli inverni passati ed anche con neve, -10°C più volte senza mai riportare neanche una piccola bruciatura.Lo stesso per la B. edulis.
Saluti,
Sergio.
Come sempre,non posso fare altro che essere d’accordo con Pietro.Saluti,
Sergio.
Viaggiatore 971, se ti è possibile prendi una Butia eriospatha,ha i frutti più dolci e più gustosi tra tutte le specie del genere Butia.
Saluti,Sergio.
Concordo con Pietro.
Sergio
E’ un pò più facile ma sempre negli Stati Uniti.La palma è piuttosto insolita in coltivazione.Puoi chiedere a Pietro se il suo esemplare ha prodotto dei semi.Ciao,
Sergio.
Per ciò che riguarda la saribus,bisogna solo stare attenti alle terribili spine che presenta sui piccioli.
Sergio
Giuseppe,la L.saribus non ha avuto nemmeno una piccola bruciatura,dimostrando di essere eccezionalmente resistente al freddo per essere una palma tropicale. Saluti,
Sergio
Forse può risultare interessante sapere che C.alba,L.lanuginosa e L.muelleri hanno sopportato -7°C (durante la notte ma non so per quante ore) lo scorso inverno con pochissimi danni.L’unica che ha avuto bruciature è stata la L.muelleri.Saluti,
Sergio.
Rafa, le due Jubaeopsis caffra hanno resistito bene,ma sono abbastanza grandi,una è alta quasi 2 m. e sono entrambe protette da alberi di Feijoa.
Sergio.
Nessun problema per le Cycas,in particolare panzhihuaensis,guizhouensis e diannanensis.Ugualmente nessun problema per la Macrozamia communis e per altre due specie che non so cosa siano e per la Lepidozamia peroffskyana.
Ciao,Sergio.
Federico,c’è stata anche un po’ di neve.Per ciò che riguarda il genere Parajubaea,la cocoides è risultata la più delicata al freddo mentre la torallyi la più resistente,non ha avuto neanche una piccola bruciatura. Sunkha e microcarpa stanno nel mezzo.Ovviamente la mia è solo un’esperienza personale e non una legge di comportamento. Nell’ambito di una stessa specie possono esistere esemplari un po’ più resistenti ed altri un po’ meno.
Enrico,la cocoides è la più vecchia,ha tra 16 e 20 anni ed ha un bulbo di base di una certa dimensione.Credo che abbia resistito per questo.La torallyi è più giovane, avrà una decina d’anni, mentre sunkha e microcarpa non più di 7/8.
Sergio
E’ vero, è morta anche la Beccariophoenix alfredi.La Livistona jenkinsiana ha avuto solo alcune bruciature ma si è ripresa bene in estate.Ciao,
Sergio
Rafa,nella tua e-mail purtroppo non c’è il testo.Ti rispondo comunque nel Forum perchè l’informazione potrebbe interessare anche a qulcun altro. A -7°C:
– Phoenix rupicola – leggere bruciature solo sulle foglie esterne.
– Phoenix pusilla – bruciature molto pesanti,è rimasta solo con le due foglie verdi che stavano uscendo.Durante l’estate si è ripresa molto bene ed ora ha una chioma normale.
– Chambeyronia macrocarpa – defunta,anche questa l’avevo dimenticata.
– Parajubaea cocoides – pesanti bruciature,ripresa faticosa durante l’estate.
– Parajubaea torallyi – intatta.
– Parajubaea sunkha – leggere bruciature.
– Parajubaea torallyi var. microcarpa – bruciature più evidenti di quelle della sunkha.
Saluti,
Sergio
Per ciò che riguarda la coltivazione di Dypsis decipiens,le delusioni sono state parecchie anche per me.In estate dopo un certo numero di innaffiature la palma diventa sempre più giallastra e muore.Il comportamento è simile a quello dei Ceroxylon o,se vogliamo, a quello delle camelie quando il terriccio diventa sempre meno acido.Saluti,
Sergio.
Rafa,ho dimenticato di inserire la Ravenea glauca tra le palme che hanno resistito a -7°C.
Sergio
Rafa,è un solo venditore,dovrebbe essere affidabile.In passato almeno con me lo è stato.Personalmente preferisco acquistare i semi presso un’altra organizzazione tedesca.