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non è che per caso riusciresti a recuperare al momento opportuno qualche seme? 😀
Ciao Traudi,
a parte il fatto che tu hai tante magnifiche piante che questa al confronto si può considerare al più una curiosità botanica, in tre anni non ha mai fruttificato e sospetto che non lo farà mai, deve essere piuttosto selettiva nei confronti dell’impollinatore, come fa anche sospettare il lungo e stretto tubo corollinico.
Spiacente 😡
Pietro Puccio
Palermo
Zona climatica 9b/10a (USDA)
Temperato subtropicale (Koppen)
Scritto Da – pietropuccio on 08 Febbraio 2008 18:24:37
Pietro
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Zona (USDA) 9b
https://www.monaconatureencyclopedia.com/enciclopedia/piante/
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Inserendomi un po’ villanamente -e chiedo scusa- nei vostri recenti scambi di informazioni relative alla foto delle due palme….
Gentilissimo,
i fora sono luoghi aperti in cui più interventi costruttivi vi sono, più utilità hanno, quindi qualsiasi “inserimento” è più che benvenuto.
La “Classificazione filogenetica delle palme con dettaglio per le Coryphoideae” è certamente di grandissimo interesse, temo però, a livello strettamente personale, che avrei serie difficoltà nella sua lettura, dato che sia il lavoro prima del pensionamento, che i lontanissimi studi riguardavano aree ben lontane dalla botanica e dalle scienze naturali in genere. Mi muovo meglio nelle pubblicazioni divulgative, come ad es. “Piante rustiche tropicali” 🙂 , che ho e che purtroppo non si trova più in commercio.
Pietro Puccio
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Zona climatica 9b/10a (USDA)
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Pietro
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Zona (USDA) 9b
https://www.monaconatureencyclopedia.com/enciclopedia/piante/
Scusate, ma evidentemente non sono in grado di rendere comprensibile il mio pensiero. Come ultimo tentativo riporto, con qualche aggiunta, il primo messaggio di questa discussione:
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quanto segue vuole essere un spunto (molto grezzo) di discussione per cercare di arrivare a qualche conclusione che possa essere di valido aiuto per tutti noi. Esistono molte classificazioni delle aree climatiche che tengono conto di vari parametri, come ad es. queste
(come vedi, caro Gabriel, non c’è bisogno di inventarsene di nuove) ma in genere o non sono disponibili o sono poco utili ai nostri fini. Infatti la stragrande maggioranza delle informazioni sulla rusticità delle varie specie proviene da pubblicazioni o da siti web anglofoni, i quali da anni utilizzano il metodo proposto dal Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti (USDA) per la indicazione delle zone climatiche. Questo metodo è forse il più impreciso, ma è certamente il più semplice e facile da adottare, e si basa esclusivamente sulla media dei valori minimi annuali di temperatura registrati in un congruo numero di anni.
Il metodo, come detto, non tiene conto di tutti gli altri parametri climatici che intervengono sulla rusticità o meno ed in effetti è necessario apportare delle correzioni (lo hanno fatto negli USA nel disegnare la mappa delle zone) al fini di potere applicare i dati di rusticità in situazioni diverse da quelle di origine. Esistono alcune mappe dell’Italia più o meno dettagliate, come questa:
http://www.cactusedintorni.com/images/usdazoneIT.gif”
ma a mio parere tenerne conto per l’introduzione di nuove specie subtropicali e tropicali porterebbe ad una strage. Fra le tante ‘diversità’ che possono incidere o addirittura stravolgere la classificazione vi è la durata del periodo freddo, infatti per ogni specie esiste un valore minimo di temperatura di sopravvivenza legato alla durata, classico esempio quello della Cocos nucifera che supera indenne a Miami temperature minime sporadiche più basse di quelle che si hanno a Palermo, dove però muore già a fine autunno-inizio inverno quando le temperature minime cominciano ad attestarsi sui 14 –16 °C.
Visto che a noi interessa ricavare una mappatura del nostro territorio tale che siano applicabili le indicazioni di rusticità di letteratura, non possiamo utilizzare il metodo alla lettera. Una maniera per risolvere il problema è quello di partire dalle temperature minime assolute, ma correggere la zona risultante sulla base delle indicazioni di rusticità, o meno, di specie note e diffuse e per far questo occorre l’esperienza sul campo di tutti.
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Naturalmente le stesse limitazioni varrebbero partendo da una classificazione che usi i “gradi giorno”.
Di esempi di incongruenze (non tutte forse reali), come quelle da te, Gabriel, riportate, se ne potrebbero dare tantissimi e per questo appunto occorre apportare delle correzioni, ma – a mio parere – è molto più semplice correggere ciò che esiste, che partire ex novo. Ciò non toglie che si possa costruire una nuova classificazione di rusticità basata su metodo e parametri diversi, se è facile da applicare, se è facile creare il legame tra la specie esotica da introdurre e la zona, ben venga.
Per concludere, ribadisco che non sono lo sponsor ufficiale del metodo USDA per le zone di rusticità, personalmente ho avuto modo di costatarne la generale validità nel dare utili indicazioni (non verità) ed ormai per me è un riflesso condizionato, quando mi imbatto in una specie che potrebbe interessarmi, fare un giro in rete per vedere quale rusticità le viene attribuita. Lungi da me l’idea di voler convincere altri della sua utilità, come del resto è molto improbabile al momento, visto le prove in campo che ho avuto, convincere me del contrario.
Pietro Puccio
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Zona climatica 9b/10a (USDA)
Temperato subtropicale (Koppen)
Scritto Da – pietropuccio on 07 Febbraio 2008 09:11:52
Pietro
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Ciao Gabriel,
per la verità la mia idea è un po’ diversa. In primo luogo non mi sembra il caso di creare una nuova classificazione, ma piuttosto utilizzare qualcosa di esistente, e poiché la “rusticità” è espressa in larga maggioranza mediante le zone USDA, ci piaccia o no, a quella conviene fare riferimento. Poiché le “zone” ai fini del riscaldamento di cui al DPR citato da Domy differenziano, sia pur grossolanamente come si è già detto, le varie zone, un altro punto di partenza, oltre quello ufficiale con cui ho abbozzato la tabella nel primo messaggio, potrebbe essere proprio questa classificazione, iniziando con una equivalenza “bruta” tra zone DPR e zone USDA del tipo:
A (DPR) = Zona (USDA) 10a
B = 9b
C = 9a
D = 8b
E = 8a
F = 7b
Ne risulterebbe ad es:
– Torino, Milano, Venezia e Bologna Zona 8a
– Trieste, Genova, Pisa e Roma Zona 8b
– Cagliari, Napoli e Sanremo Zona 9a
– Palermo, Catania, Messina Zona 9b
– Lampedusa e Linosa Zona 10a
Mi sembra ci sia, malgrado tutto, un buon accordo con la “mia”, per intenderci, tabella, costruita partendo da grandezze diverse, ma comunque legate alle temperature.
Pietro Puccio
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Pietro
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Zona (USDA) 9b
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Io il problema della Cartina con relative zone climatiche non me lo pongo; anche perchè alla fin fine non è che interessi più che tanto.
Ad ognuno di noi interessa in genere solo sapere se in una determinata zona può crescere o meno una singola specie.
Appunto, ma una carta delle zone di rusticità secondo l’USDA servirebbe proprio a questo.
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La teoria dei gradi giorno non è stata originata dall’industria termotecnica, ma bensì, guarda caso, dall’agrometeorologia.
I gradigiorno sono stati messi a punto proprio dall’USDA. Zone di rusticità e gradigiorno non sono due grandezze alternative, ma complementari, mentre una tende ad indicare se una piantà può sopravvivere in una data zona, l’altra serve semplicemente a prevedere il tempo che una data specie di importanza economica impiega a giungere alla maturazione. Le zone climatiche del DPR, ricavate sulla base dei gradigiorno, grazie anche alla particolarità del clima mediterraneo che non presenta le grandi escursioni termiche dei climi continentali (e degli USA), possono, con qualche aggiustamento, essere trasformate in zone di rusticità, almeno ho avuto questa sensazione.
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Quindi lavorandoci attorno forse potremmo riuscire a cavarci una formula che ci consenta, come dicevo prima, di calcolare se una pianta è o meno idonea a vivere in una certa zona.
In realtà le formule servono per ricavare i gradigiorno, il legame tra questi ed il tempo per la maturazione di ogni singola specie è stato, ed è ricavato sperimentalmente, in campo e per specie di grande rilevanza economica.
Pietro Puccio
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Pietro
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Pietro,usando le piante indicatrici del National Arboretum Rome è da considerarsi zona 9b-10 😀
Tomas
Tomas,
non mi pare di avere visto viali di Roystonea regia a Roma…
Pietro Puccio
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Pietro
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Ciao Gabriel,
riguardo i Ceroxylon, ho fatto vari tentativi in passato con esito negativo. A parte problemi legati alle temperature estive, a mio avviso un fattore limitante è anche il pH del suolo, i Ceroxylon sono tendenzialmente acidofili. Personalmente non conosco l’esistenza di esemplari adulti in Italia, ma spero di essere smentito.
Anche per le Parajubaea non mi risultano esemplari adulti, i più vecchi hanno una decina di anni, provenendo da semi introdotti in Italia nello stesso periodo. Ho avuto esperienze negative con la torallyi var. torallyi, ben tre piante in piena terra sono morte in tempi diversi in estate, anche in questo caso sospetto come concausa il pH del suolo, anche la torallyi infatti è tendenzialmente acidofila. Nessun problema invece per la cocoides, che cresce in qualsiasi stagione, con un certo rallentamento nei periodi più siccitosi.
Pietro Puccio
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Pietro
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Ciao,
in passato ho pensato di partire dai dati di cui al decreto citato da Domy, ho però rinunziato perchè intanto non ho trovato una cartina dettagliata già fatta e colorata con le zone climatiche, e mettersi a fare il lavoro di costruirla non mi è sembrato il caso, poi come è già stato evidenziato, i limiti dei territori comunali sono limiti amministrativi, quasi mai fisici e mai climatici. Tanto per fare un esempio Enna si trova su un cocuzzolo a 930 m di altitudine ed è giustamente classificata zona E, ma non tutto il territorio comunale si trova alla stessa altitudine, ma verrebbe classificato lo stesso E. Detto ciò, se esistesse una mappa comune per comune con relativa zona, o qualcuno dovesse offrirsi di farla 😉 , si dovrebbero trsformare le suddette zone in zone USDA, perchè a noi interessa sfruttare la gran mole di dati che già esiste e che si basa su tale classificazione climatica, il che ritengo si possa anche fare. La mappa che ne risulterebbe sarebe imprecisa per molte parti, ma sicuramente sarebbe molto più vicina alla realtà delle due o tre mappe dell’Italia che si trovano in rete e da cui risulterebbe un clima tropicale per buona parte delle nostre aree costiere. Quindi “se può fà”, ma chi lo fa? 😉
Pietro Puccio
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Pietro
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Ciao Xoby,
complimenti per le foto, perchè non ci fai un resoconto “verde” del tuo soggiorno ai Caraibi? In particolare se hai altre foto di palme puoi fare un resoconto a parte nell’apposita sezione. Per i nomi ti ha già risposto Gianpiero, solo una precisazione, la merrillii, dopo una breve parentesi in cui da Adonidia è passata a Veitchia, è ritornata di nuovo Adonidia, quindi ora il nome accettato è Adonidia merrillii. Non dobbiamo essere molto critici su queste variazioni di nome, finalmente i botanici sistemisti stanno tentando di mettere ordine, sulla base di precise regole internazionali, e più recentemente sugli studi genetici, in una situazione di nomi piuttosto caotica. A noi può sembrare che giochino, ma in realtà è un lavoraccio estremamente serio e difficile.
Pietro Puccio
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Pietro
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ho avuto molte info ma mai da me verificate di attacchi a chamaerops humilis; non sapevo però dell’ orto botanico, sai se è ancora possibile trovarle per fotografarle, o già l’hanno abbattuta?
Ciao, si trattava solo di un fusto attaccato, che è stato eliminato appena individuato, il resto è stato trattato e messo sotto osservazione, come ormai del resto tutte le palme dell’orto (già altre sono state attaccate ed eliminate).
Pietro Puccio
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Pietro
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Considerato che il suddetto decreto cataloga tutti i comuni d’Italia, non può costituire un ulteriore utile strumento per raffinare i dati del metodo USDA ?
Se pò fà! 🙂
Pietro Puccio
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Pietro
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Ciao,
grazie per la segnalazione, era una informazione che cercavo. Visto che qui saremmo fuori tema, aprirò una nuova discussione mirata. Nella lontana eventualità che non ti sia noto, Chamaerops humilis sono state attaccate a Palermo, di cui una ‘certificata’ (Orto Botanico).
Pietro Puccio
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Pietro
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Ciao Gabriel,
riferirò alla Copernicia il tuo gentile apprezzamento 🙂 .
Penso ti convenga tenerla in vaso per qualche anno e ripararla in inverno prima di metterla a dimora, in modo tenerla in vegetazione per più lungo periodo nell’arco dell’anno.
Pietro Puccio
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Pietro
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Ciao a tutti,
da vecchio, in tutti i sensi, frequentatore del forum, mi prendo la libertà di chiedere il favore di limitare le dimensioni delle foto e nelle citazioni di riportare solo il necessario, evitando ad esempio, a meno che non sia strettamente necessario, le foto. Il tutto per non appesantire la pagina e rendere veloce una eventuale ricerca. Credo che una larghezza per le foto di 800 pixel soddisfi le esigenze di tutti. Graditissime eventuali contestazioni 🙂 .
Pietro Puccio
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Anche se come al solito non sono di nessun aiuto ….
Non vuoi essere di aiuto! La tua profonda e ricca, per numero di specie coltivate, esperienza e la particolare situazione climatica sarebbero di grandissimo aiuto per tutti, anzi direi che il tuo potrebbe essere il contributo più significativo a questa discussione.
Pietro Puccio
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Nonostante il colore scialbo dovuto credo alla poca luce..
Non è detto, potrebbe essere proprio il suo colore, se ne è già parlato, ricordi?
Pietro Puccio
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Ho letto che è originaria della Nuova Caledonia, sarà per questo che ha il vizzietto della foglia rossa. 😀 😀
Ciao, in effetti delle 37 o giù di lì specie della Nuova Caledonia 5 hanno la foglia emergente decisamente rossa, una frazione quindi non trascurabile.
Pietro Puccio
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La forma della foglia magari, ma il colore mi sembra molto diverso.
Forse perchè è ancora infante? 😀
Credo proprio di sì.
Pietro Puccio
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Pietro
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Ciao a tutti,
riporto la mia esperienza di acclimatazione di alcune specie.
Lulù
Grazie Lucia,
finalmente un contributo positivo!
Caesalpinia gilliesii ed Acca sellowiana sono da considerare due ottime piante indicatrici, su di esse infatti vi è generale accordo sul considerarle da Zona 8a in su. Poichè sono ambedue decedute in inverno, e quindi con elevata probabilità a causa delle basse temperature, la tua zona è da considerare al più (almeno fino a prova contraria) 7b.
Pietro Puccio
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Ciao Gabriel e benvenuto!
Riguardo l’ultima colonna, ribadisco che è da considerare una proposta iniziale, tanto per avere un punto di partenza, basata sul comportamento delle piante indicatrici, che del resto sono parte integrante del metodo.
Anche se è abbastanza ovvio 😉 che in Francia vi sia una notevole resistenza ad utilizzare un metodo non nazionale, il metodo USDA viene utilizzato ad es. da non pochi “Fous de palmiers”.
Pietro Puccio
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Questa è quella che fino a poco tempo fa pensavo fosse una C. alba, ma adesso vedendo quella di P.Puccio mi vengono i dubbi.
Ciao Orazio,
perchè?
Pietro Puccio
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Benvenuto!
Riguardo questa discussione mi preme ricordare che quanto scritto nel messaggio di apertura vuole essere un spunto (molto grezzo) di discussione per cercare di arrivare a qualche conclusione che possa essere di valido aiuto per tutti. Che per correggere la zona risultante … occorre l’esperienza sul campo di tutti. Che l’ultima colonna della tabella è una proposta iniziale e che il periodo di osservazione deve essere di un congruo numero di anni, ed in climatologia solitamente si fa riferimento a 30 anni. Anche per le piante indicatrici il periodo di osservazione dovrebbe essere sufficientemente lungo e non è necessario l’esperienza diretta, si può utilizzare vantaggiosamente quella altrui 😉 . Ricordo infine che degli ultimi trenta anni fa parte anche il 1985…
Pietro Puccio
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… non ho mai realizzato che è fatto tutto di aeranthos.
Sono solo quelle più appariscenti, ma ce ne sono altre, ad es. proprio al centro della foto c’è una tectorum, che pur litofita, si è adattata benissimo come epifita.
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Quindi se ho ben capito per estrarre qualche pianticella devo raggiungere la parte di tronco completamente disseccato.
O comunque ad una biforcazione dei fusti.
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Mettendola in posizione che riceva i raggi diretti del solo, viste le alte temperature estive quì a Palermo, non rischio che si inaridisca troppo e che si bruciacchiano le foglie?
Le tillandsie che vedi nella foto sono in pieno sole dall’alba al tramonto, naturalmente il passaggio dall’ombra è meglio farlo gradatamente, ma sicuramente si avvantaggerà se riceverà alcune ore di sole ad es. al mattino. Considera che questa estate abbiamo battuto tutti i record di caldo e aridità e l’unica Tillandsia che si è bruciata è stata la usneoides (quella tipo barba), che però poi ha recuperato. Naturalmente dovrai dare qualche ‘spruzzata’ d’acqua in più i primi tempi, al limite una volta al giorno in situazioni come lo scorso anno, ma piante ben stabilizzate possono essere dimenticate anche per settimane.
PS: grazie per aver ridimensionato la foto.
Pietro Puccio
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Pino, gentilmente un favore, puoi ridurre le dimensioni laterali della foto e mettere i link nel profilo (che peraltro ‘disturbano’ la tua simpatica firma) in modo da evitare di dover fare avanti e indietro col cursore?
Pietro Puccio
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Per separarne qualcuna come devo procedere?
Ciao,
intanto ti consiglierei di spostarla gradatamente in posizione più luminosa, fino anche al pieno sole. Poi non la dividerei, col tempo, accestendo, le parti comuni si andrando disfacendo e, o per il peso o per il vento, si divideranno da sole. Quelle che vedi nella foto sotto sono solo una piccola parte di quelle ottenute da una singola pianta in trenta anni per divisione ‘spontanea’.
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Ciao,
a qualcuno interessanoi semi di:
Copernicia alba
Phoenix sylvestrislulù
Ciao,
ma non hai sempre detto che le palme non ti interessano?
PS: guarda che esiste una apposita sezione del forum per lo scambio di piante e semi: Scambio semi e piante 😀 😀 😀
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Possiedo orami da 5 anni una Tillandsia aeranthos, ma scopro solo ora, leggendo questo post, che addirittura fiorisce. …..ma di fiori neanche a parlarne.
Ciao,
dove la tieni: dentro, fuori, al sole, all’ombra?
Pietro Puccio
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io ho preso quello che ho scritto qui:
http://www.barbadine.com/pages/passiflora_mollissima_lien.htm
Ciao,
la P. tomentosa che loro indicano come sinonimo della mollissima è in realtà sinonimo della mixta.
Credo abbiano fatto un pò di confusione.
Ripeto, al momento, P. tripartita var. mollissima, P. tarminiana e P. mixta sono considerate specie distinte.
Pietro Puccio
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Ciao Lucia,
non so e non sarei in grado di saperlo se la passiflora che tu vendi come mollissima lo sia effettivamente o meno, qui ci vogliono gli esperti di passiflora, posso riferirti invece ciò che “si dice in giro”.
Il nome attualmente accettato della Passiflora mollissima è Passiflora tripartita var. mollissima, Passiflora mollissima è un suo sinonimo (valido, quindi può essere usato, anche se è preferibile usare il nome “ufficiale”).
Nel 2001 è stata descritta da G.Coppens d’Eeckenbrugge e V.E.Barney come specie una passiflora coltivata in Colombia, ‘vicina’ alla tripartita ed alla mixta, col nome di Passiflora tarminiana.
Almeno fino al giugno 2007, le due specie (tarminiana e tripartita var. mollissima) sono state considerate distinte, non sinonimi.
Tu hai riferimenti più recenti?
Pietro Puccio
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