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Ciao Sergio e…. benvenuto finalmente!!!
Se hai avuto modo di leggere i vecchi messaggi ti sarai accorto di quante volte sia stata citata l’esperienza di un noto
palmologo a Sabaudia, ed anche se il tuo nome non veniva citato per ossequio alla riservatezza, tutti sapevamo a chi ci si riferiva. Ora finalmente possiamo apprendere direttamente dalla fonte 🙂 .
E tanto per non smentirti, già nel tuo primo messaggio ci hai dato una importante informazione sulla resistenza al freddo della Archontophoenix purpurea.
Pietro Puccio
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Pietro
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Non è che a giugno si sono bruciate le foglie centrali durante l’ondata di caldo? Io ho perso due Rhopalostylis baueri per ‘cottura’ della parte apicale. Date le dimensioni della pianta un trattamento lo farei in ogni caso.
Pietro Puccio
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Pietro
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Ciao,
per evitare colombi ed altri predatori quando togli il telo di plastica, potresti utilizzare una rete ombreggiante oppure, se la posizione è già abbastanza ombrosa, una di quelle reti in ferro zincato o plastificato che si usano per recinzioni e che puoi facilmente sagamare sopra il semenzaio.
Pietro Puccio
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Pietro
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Ciao,
quel’è il motivo di questo semenzaio… cimiteriale? Non comprendo la copertura totale con polistirolo espanso; i semi nasceranno scalarmente, quindi dovrai comunque scoprirli al primo accenno di germinazione, non puoi tenerli al buio.
Una ombreggiatura iniziale va bene, ma non il buio totale.
Pietro Puccio
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Ciao,
da quanto tempo presenta questi segni, sembra marciume apicale. Invece di concime avrei dato un fungicida sistemico (come ultima speranza) tipo fosetil alluminio e sperare.
Pietro Puccio
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Ciao,
– Marina, bisogna stare attenti con le palme acquistate nei vivai, se sono da mettere subito in piena terra devono essere piante rigorosamente coltivate in piena aria (quindi bisogna che il vivaista sia una persona di fiducia), quelle allevate in ombraio sono belle a vedersi, ma deboli. Probabilmente la tua era una di queste.
PS: l’infiorescenza della alexandrae è meno appariscente di quella della cunninghamiana, mentre come pianta nel suo insieme trovo più ornamentale tra le due la alexandrae.
– Orazio, come già detto da Emanuela, inizia a fiorire intorno al 15° anno di età , la fruttificazione dopo uno-due anni dalla prima fioritura. A proposito della maxima, forse ne abbiamo parlato quando ci siamo visti a Palermo, da quello che ho potuto vedere è leggermente più resistente della alexandrae (e a mio parere più ornamentale), come pure la tuckeri.
– Emanuela, i semi germinano molto facilmente, come si può arguire dalla foto, senza particolari accorgimenti.
Pietro Puccio
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Ciao,
– Piera, spettacolo…. della natura![:1 🙂
– Salvo, 30 anni;
– Daniele, il mio non è un giardino, ma una raccolta di piante, invece, da quel che ho potuto vedere, il tuo è un vero Giardino (con la G maiuscola).
– Ale, non può essere un paradiso terrestre, manca il melo 😀 . Il ciclo si completa nella stessa stagione vegetativa.
– Marina, molto strano, non è affatto delicata a Palermo, come non lo è la alexandrae (che è leggermente meno rustica, ma non qui), ambedue le specie sono da anni presenti nei vivai (degni di questo nome). All’Orto botanico vi sono alcuni esemplari di cunninghamiana di, forse, un secolo di età .
Pietro Puccio
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Pietro
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Ciao,
riguardo la canariensis, l’apice vegetativo si trova molto più all’interno di quanto si creda, quindi è probabile che non sia stato danneggiato; benissimo il trattamento antifungino ed antiparassitario (dovrebbe, si spera, tenere lontano per una quindicina di giorni il rincoforo), ad ogni modo una foto sarebbe utile. Per le foto, occorre prima metterle in rete, utilizzando un qualsiasi fornitore gratuito di spazio, tipo photobucket.com (quello che uso io) basta iscriversi seguendo le istruzioni, caricare le foto e poi fare copia/incolla del codice immagine nel messaggio al forum. Consiglio foto non superiori a 300 kB e non più larghe di 800 px. Per pronto accomodo puoi inviare le immagini al mio indirizzo che si trova nel profilo e le inserisco io. Le radici della palme non sono propriamente dei capillari, ma sono molto resistenti allo “strappo”.
Pietro Puccio
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Pietro
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Non conosco la forma della tua bottiglia, ma ritengo sia più o meno come le normali bottiglie di acqua minerale, forma che difficilmente permette lo ‘sfilamento’ integro del pane di terra, come invece è possibile da un vaso di forma tronco conica e dalle pareti liscie.
Pietro Puccio
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Pietro
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quote:
ma la radice della Jubaea è così intraprendente come quella della Bismarckia?
No, mentre nella Bismarckia l’embrione affonda nel terreno e si sviluppa molto più sotto la posizione del seme (germinazione remota, in gergo), nella Jubaea rimane e si sviluppa accanto al seme (germinazione adiacente). Le bottiglie sono un ottimo sistema per far germinare i semi, ma si rivelano spesso un pessimo sistema al momento del trapianto.
Pietro Puccio
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Pietro
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Ciao e benvenuta (anche se il motivo contingente non è dei migliori),
quote:
Ho una casa con giardino a Palermo zona “Cardillo”.
Anche io…
quote:
Una palma canariensis è stata decapitata della chioma dal pino che è crollato, una caryota piantata da noi che in otto anni è diventata molto alta si è inclinata. Non sappiamo cosa fare prima. la mia domanda è questa: da cosa può dipendere questo cataclisma? Cosa posso fare per le palme colpite?
A parte l’evento eccezionale, credo che uno dei motivi, se il tuo giardino si trova tra ‘Cardillo’ e ‘ T. Natale’, è l’esiguo strato di suolo vegetale seguito da un banco di calcarenite compatta dello spessore di circa 30 m che non permette la penetrazione delle radici, che quindi rimangono superficiali. Nel mio giardino si va da roccia affiorante a non più di 40 – 60 cm di terra dove c’è stato riporto. Riguardo la canariensis, se la chioma è stata solo schiacciata, a parte il rischio rincoforo, dovrebbe riprendersi. Per la Caryota, se è possibile collegare dei tiranti a qualcosa di solido, si può tentare di raddrizzarla delicatamente e puntellarla per almeno un anno. Per la sostituzione, dipende dal gradimento personale, ma comunque eviterei di ripiantare pini. Se può consolare anni fa il vento ha spezzato alla base una Caryota alta 7 m che aveva iniziato la fruttificazione (quindi comunque destinata a morire), questa volta, a parte ‘spiumare’ le palme, ha sradicato, tra le altre cose, una euphorbia alta 5m che si è abbattuta su una zona di succulente maciullandole, oltre a spargere per il giardino un centinaio di tillandsie.
Pietro Puccio
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Ciao Orazio,
proprio necessario? Io toglierei la yucca dietro per evitare che ‘penda’ verso il viale. La Brahea armata ha fama di essere poco propensa al trapianto, l’apparato radicale è piuttosto suscettibile. Forse con l’uso di una zollatrice con diametro di zolla di almeno 1 metro potrebbero esserci più possibilità .
Pietro Puccio
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Pietro
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Ciao,
visto che il problema si ripete, potrebbe esserci alla base un errore di coltivazione, dovresti quindi specificare come e dove le tieni, magari con qualche foto.
Pietro Puccio
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18 mesi
E’ stato molto fortunato (forse il seme era stato raccolto e ben conservato per lungo tempo), senza drastici trattamenti o crescita dell’embrioe in vitro, con i quali pare si possano ridurre i tempi a 6-8 mesi, 3 anni sono quasi la norma e se si è sfortunati anche 5. Io sono sfortunato…
Pietro Puccio
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Scritto Da – pietropuccio on 30 Marzo 2008 11:41:35
Pietro
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Ciao,
Ale ed Orazio, allora evitate di seminare Acrocomia 🙂 🙂 .
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mi è stato detto che per poter distinguere in maniera abbastanza semplice l’A. alexandrae dalla cunninghamiana, bastasse guardare la pagina inferiore delle foglie, se biancastra dovuta ad una sorta di “peluria” si tratta di A. alexandrae, se verde di cunninghamiana.
E’ così, comunque non si tratta di ‘peluria, ma di microscopiche scaglie biancastre, assenti solo nella cunninghamiana. A rigore l’assenza indica quest’ultima, la presenza tutte le altre, non solo la alexandrae.
Riguardo le foto, la prima potrebbe appartenere quindi ad una alexandrae e considerato che la disponibilità di semi delle altre specie è molto inferiore (e costano di più) si può essere ragionevolmente certi che lo sia. La seconda appartiene ad una cunninghamiana.
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Ciao,
– Caio, grazie a te.
– Federico,
da fonte universitaria di Elche, della produzione di datteri, solo il 2% ha caratteristiche adatte alla destinazione per il consumo umano (il resto pare utilizzato per alimentazione animale) ed è ricavato da piante selezionate le cui infruttescenze a fine estate vengono racchiuse in sacchi di plastica per proteggerle dalla pioggia ed i cui frutti vengono raccolti in fasi successive appena inizia la maturazione (perchè tendono a marcire sulla pianta), che viene completata artificialmente. Anche così i datteri hanno un elevato contenuto d’acqua (e quindi basso di zuccheri) e sono pertanto velocemente deperibili. Da pochissimo è stata messa a punto una tecnica di maturazione artificiale che partendo dai datteri acerbi dovrebbe renderli gradevoli, al pari di quelli nord-africani ed a più lunga conservazione. Tutto ciò evidentemente a costi non competitivi. Naturalmente i frutti normalmente prodotti non è che siano immangiabili, solo che non possono competere, per carateristiche organolettiche, con quelli nordafricani.
Pietro Puccio
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Scritto Da – pietropuccio on 28 Marzo 2008 15:55:31
Pietro
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Felicitazioni! 🙂 🙂
Pietro Puccio
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Ciao Popj,
in genere in natura non c’è nulla senza motivo, quindi se il frutto cade (naturalmente) dalla pianta in un certo momento, vuol dire che quello è il momento migliore, ciò non significa che poco prima il seme in esso contenuto non possa essere già vitale, credo sia importante che il frutto abbia completato la sua crescita. La piena maturazione del frutto non serve solo alla formazione del seme, ma anche ad es. a favorirne la dispersione (se il futto non assume un certo colore e sapore gli animali non lo mangiano e… disperdono, oppure una certa forma che favorisca la despersione col vento).
Riguardo la dactylifera, essendo dioica e a volte sterile da seme, ma fortunatamente pollonante, viene solitamente moltiplicata per divisione, per essere sicuri della varietà e che sia femmina. Alcune piante (anche fra quelle fotografate sopra) fruttificano per partenocarpia, senza bisogno quindi di ricevere il polline, ma i frutti sono di qualità inferiore, in particolare meno zuccherini, e naturalmente non contengono il seme, ma solo una traccia.
Pietro Puccio
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quote:
Non ho parole…..P.S.:X P.P. una domanda fuori tema: ci sarai quest’anno a Ischia per la manifestazione?
Ciao Orazio,
a) non sfottere… 🙂
b) purtroppo ho degli impegni (leggasi seccature) da tempo programmate per quel periodo, ho quindi dovuto rinunciare ad andare.
Pietro Puccio
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Ciao,
la thunbergia qui si trova nei vivai, ritengo debba trovarsi anche in quelli campani, la spatulifolia mai vista.
Ti ricordo che la thunbergia è pianta da piena terra o da “mastelloni”.
Pietro Puccio
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quote:
A proposito di P. Dactilifera, …..ad Elche in Spagna, …..
C’è un palmeto fitto fitto di Dactilifera (500.000) che producono datteri e sono state piantate, pare dai Cartaginesi, per i frutti…
In Italia anche nelle zone più a sud non ho mai sentito dire di posti come Elche, forse perché da noi i datteri non si maturano?
Ciao,
benchè la Phoenix dactylifera pare fosse già presente in epoca preromana nel sud della Spagna e nella Sicilia occidentale, grazie appunto ai cartaginesi, il dattileto di Elche ha origine in epoca islamica, esattamente come i dattileti che circondavano Palermo nello stesso periodo (curiosità : Elche e Palermo sono alla stessa latitudine), impiantati per la produzione dei datteri. E’ giunto ai nostri giorni molto probabilmente perché la zona non interessava economicamente a nessuno ed era scarsamente popolata; il pericolo maggiore infatti è stato quando si è tentata una timida industrializzazione della zona e la popolazione è cominciata a crescere, ma per fortuna, sia perché se ne è intravista l’utilità come immenso vivaio e come richiamo turistico, sia per una certa coscienza ambientalista si è salvato, fino ad essere dichiarato patrimonio dell’umanità . E’ ora invece minacciato dal rincoforo che ha già distrutto migliaia di piante. Non mi pare che venga sfruttato commercialmente per la produzione di datteri, non arrivano a giusta maturazione per essere vendibili, come del resto quelli delle nostre parti, il motivo è che la dactylifera ha bisogno di un periodo di caldo secco al momento della maturazione (autunno) cosa che raramente si verifica sia ad Elche che da noi. Maturazione che avveniva invece tra l’800 ed il 1200, secoli caratterizzati da un clima più caldo dell’attuale e, nel sud Europa, anche secco.
In Italia esiste ancora un dattileto, molto più piccolo e più a nord, a Bordighera, impiantato probabilmente intorno al 1400 per la produzione di foglie per le festività religiose ebraiche e cristiane [foto di Ezio Benigni (1863-1938) – Comune di Bordighera]:
e la palma da datteri era sicuramente coltivata per lo stesso motivo a Sanremo, come risulta dagli Statuti di Sanremo (1435). Il palmeto si è (parzialmente) salvato, anzi ha fatto la fortuna, lo sviluppo e l’immagine sia di Bordighera che Sanremo, grazie ai ricchi viaggiatori europei della metà dell’800 che ne rimasero affascinati e cominciarono a costruire ville in cui le palma erano l’elemento caratterizzante.
Dei dattileti di Palermo sono rimaste solo le descrizioni, la mini oasi che si trova al centro della città ha infatti solo poco più di un secolo (anch’essa minacciata dal rincoforo):
Pietro Puccio
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quote:
propenderei per un Plectranthus neochilus.
Che ne pensi?
Parrebbe di sì, ma non ha nulla a che vedere con tutte le piante comunemente chiamate menta messicana.
quote:
Qui il tempo è pessimo, ho le plumerie all’aperto, speriamo bene!!
Qui il tempo è pessimamente ottimo, pieno sole e nessuna nube all’orizzonte, non si nota alcuna avvisaglia delle piogge previste. Perchè pessimamente? Siamo in pieno deficit idrico, in gennaio-febbraio sono caduti a Palermo 44 mm di pioggia e tanto per avere una idea della situazione a Tripoli (Libia), nello stesso periodo, ne sono caduti 154!
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Ciao Salvo e benvenuto,
per rientrare in tema potresti parlarci un pò delle palme che coltivi (in vaso, giardino, serra..) 🙂 🙂
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Ciao Nicola,
auguri anche a te e per la sconosciuta potrebbe appunto trattarsi del classico Plectranthus amboinicus, che fra i tantissimi nomi comuni ha anche quello di “mexican mint”.
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Pietro!!Dypsis decaryi
Resistenza? hai qualche esperienza in merito?
Come sarebbe a dire se ho esperienza 👿 👿 👿 , e questa che sarebbe?
A parte le battute 🙂 , un esemplare adulto dovrebbe resistere fino a -3°C, ma non ho esperienza diretta di ciò, sicuramente Giuseppe e il pluricitato (da Giuseppe e me) Sergio, che palmeggia a Sabaudia, potrebbero dare più utili indicazioni in merito.
Pietro Puccio
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Ciao,
Dypsis decaryi, leggermente ‘filata’, ma non troppo, un buon acquisto, quindi.
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Ciao Angelo,
qui siamo tutti interessati a specie tropicali e subtropicali e forse è per questo che nessuno coltiva la Glycyrrhiza glabra, che cresce spontanea anche in Italia, almeno nel centro-sud ed in Sicilia.
Come tale non pone problemi di coltivazione.
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Ciao,
l’aspetto delle foglie è tipico della metallica, riguardo l’infiorescenza, è quella maschile ad essere ramificata, quella femminile no, od al più, raramente, con 2-3 ramificazioni. Vedo poi traccia di fusto, la sullivanorum è pressochè acaule o con cortissimo fusto strisciante. Per ulteriore conferma guarda il fusto, se è verde scuro con punteggiature biancastre non possono esserci dubbi, è la metallica.
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Ciao,
– Ale, la crescita è relativamente veloce e probabilmente lo sarebbe di più se durante il periodo vegetativo ricevesse più acqua (parlo ovviamente della mia).
– Gabriel, io non ho esperienza di temperature al di sotto dello zero, quindi non posso che riferire esperienze altrui, alcuni parlano di resistenza fino a -4°C.
– Orazio, intanto auguri per il recupero totale delle tue palme. Riguardo la reperibilità , io l’ho presa a Palermo alla fine degli anni ’70 da un vivaista che era anche un appassionato, purtroppo non lo sono gli eredi; in seguito l’ho vista, raramente, in qualche vivaio. Hai provato da Venerando F.? Nella sua villa privata anni fa ne ho visto un magnifico cespo (non gli mancano certo acqua e concimi), potrebbe quindi averla in vivaio.
– Giuseppe, hai idea della temperatura minima raggiunta quest’inverno?
PS: Giuseppe, non avertela a male, ma potresti ogni tanto condividere, non solo di ‘rimessa’ 🙂 , un pò con noi le tue esperinze, dato il gran numero di specie che coltivi.
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