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Ciao Nino,
sul fatto che la diffusione del frutto presso i consumatori sia stata molto graduale hai perfettamente ragione, il consumatore è sempre molto diffidente verso le novità e del resto occorre del tempo (ed all’epoca ne occorreva molto di più che oggi) per passare dalle coltivazioni sperimentali e amatoriali a quelle estensive.
Per quel che riguarda la sua presenza in Italia, forse può interessare che nel Trattato di Agricoltura di Giovanni Biroli, Novara 1811 (!!), è riportato che il Diospyros kaki veniva coltivato in vaso dagli amatori per ritirarlo in aranciera in inverno, ma che due piante resistevano all’aperto esposte a levante da due anni (lo puoi trovare in rete).Pietro Puccio
Palermo
Zona climatica 9b (USDA)
Temperato subtropicale (Koppen)
Ciao Pietro,
non conoscevo la fonte che hai citato. E’ probabile che i primi kaki siano arrivati anche prima che qualcuno si prendesse la briga di registrarne la presenza.
Io stesso ho importato per la prima volta alcuni fruttiferi tropicali, ma prima che qualcuno ne registri ufficialmente la presenza nel territorio, passerà qualche decennio ancora.
Tornando al kaki, resta il fatto che nei vari dialetti, per quel che so, si chiama sempre “kaki” o “cachì” e talvolta “caco” al singlare.
Per quel che ricordo, solo nei salotti e a scuola si chiamava “loto”.
Ciò dimostra, a parer mio, che alla gente comune, ai coltivatori, il frutto venne presentato col suo primo vero nome, cioè “Kaki”, quindi, la ricerca di un nome alternativo è senz’altro posteriore di parecchio al suo arrivo in Italia, altrimenti anche i dialetti lo avrebbero recepito come “loto”.
Nino
Palermo
Zona climatica 9b (USDA)
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Ciao Nino,
teoria affascinante, ma purtroppo totalmente errata, il kaki si è diffuso in Italia nella seconda metà dell’800 inizialmente col nome di “loto del Giappone”, per distinguerlo dal Diospyros lotus, coltivato in Italia dalla fine del ‘500, poi semplicemente loto.Pietro Puccio
Palermo
Zona climatica 9b (USDA)
Temperato subtropicale (Koppen)
Buonasera Pietro,
così mi raccontava anni fa un mio estroso vicino, agricoltore per diletto.
Sull’origine del nome, credo che tu abbia proprio ragione, in effetti ho sempre preso per buona questa teoria, non avevo mai riflettuto sul fatto che il nomignolo “loto” somiglia troppo al “Diospyros lotus”, l’origine dev’essere senz’altro quella che dici tu, devo fare ammenda.
Però che la cultura fascista osteggiasse l’utilizzo di parole e nomi stranieri è senz’altro vero. Tutti i nomi stranieri, che si trattase di piante, città o personaggi storici, venivano inesorabilmente e “pesantemente” italianizzati.
Il nome “Kiwi”, per denominare l’omonimo frutto, che noi abbiamo assimilato così, come ce lo hanno propinato i neozeolandesi, all’epoca non avrebbe avuto la stessa fortuna che lo ha accompagnato ai nostri giorni. Certamente avrebbero trasformato “Actinidia chinensis” in “Attinia dei cinesi” o l’avrebbero chiamato “Pomo dei Maòri”.
Sulla diffusione del kaki in Italia devo invece dissentire. Premesso che i primi esemplari giunsero negli orti botanici inglesi già alla fine del ‘700, fonti attendibili sostengono che il primo albero di kaki in Italia arrivò nel 1871, nel giardino di Boboli (FI), e i primi impianti specializzati sono sorti nel salernitano a partire dal 1916, estendendosi poi in particolare in Emilia.
Il frutto ebbe agli inizi un’accoglienza abbastanza tiepida e passarono decenni che cominciasse a diffondersi. Mia nonna, classe 1894, appartenente ad una agiata famiglia di frutticoltori, conobbe i kaki nei primi anni ’20. Mia madre, classe 1923, racconta che da bambina vedeva passare davanti la sua casa il fruttivendolo ambulante che, per convincere i diffidenti avventori ad assaggiare quegli strani frutti, diceva che un solo frutto avesse le stesse proprietà nutritive di un uovo, pur costando (all’epoca) molto meno.
Ciao!
Nino
Palermo
Zona climatica 9b (USDA)
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Da noi in sicilia i fruttivendoli scrivono “Loti” invece di scrivere “Kaki”
Michelagelo
Kaki è il nome giapponese, essendo il frutto di origine cino-giapponese.
In Italia ha cominciato a diffondersi negli anni ’20, in pieno regime fascista e, come si sa, il regime aborriva le parole estere.
Per giunta la parola kaki aveva una perfetta assonanza col verbo che descrive una delle più importanti funzioni fisiologiche quotidiane considerata “sporca”.
Per tale motivo il nome “kaki” venne considerato sconveniente, ancor più se imprudentemente pronunciato a tavola davanti agli ospiti, per cui i botanici, in sintonia con i gerarchi del regime, si adoperarono per cercare un nomignolo più romantico, e “loto”, mitico fiore giapponese, sembrò che fosse il soprannome più adatto.
Sinceramente a me il nome “loto”, frutto dell’ipocrisia del regime fascista, fa decisamente antipatia, preferisco chiamarlo KAKI, sia al singolare che al plurale, così lo chiamano i botanici.
Saluti!
Nino
Palermo
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è normale che ancora l’asimina sia senza foglie?
Palermo
Gabriele
La mia ha ancora tutte le sue belle foglie, cominceranno a cadere a dicembre. Posso anche aggiungere che resiste bene almeno fino ai 35°C, ritengo che non ci sia ragione di tenerla in ombra se non è stata trapiantata da poco.
Nino
Palermo
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Un vivaista molto noto di Milazzo aveva l’ultimo esemplare a luglio, visto da me di persona (esemplare abbastanza grande).
…Gliel’ho portata io. Ne ho importate due dalla Florida, erano da talea. E’ una pianta rustica e vigorosa, veloce a crescere ed entrare in produzione. Frutto piccolo come una nocciola, gradevole, agrodolce, simile all’uva ma aromatico, un po’ resinoso, qualcosa di simile al pino silvestre e al mirto, contiene poca polpa e diversi semi grandi come quelli della zucca rossa. Complessivamente poco pregiato, non si può considerare un frutto da tavola. I frutti del longan, che gli somigliano lontanamente per forma e colore, sono molto più grossi, polposi e saporiti. Il longan, considerato a torto il cugino povero del lici, è molto apprezzato in oriente e, soprattutto in Thailandia, è spesso preferito al lici.
La mia Clausena l’ho estirpata per fare posto ad un mango Keitt. Saluti!
Nino
Palermo
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Nino la carambola è più rustica del mango, si rovina più facilmente, anche in autunno con le piogge e il vento forte, ma non dovresti avere problemi con la carambola.
…Vedremo, vedere le foglioline della Carambòla così tenere e delicate non è per niente rassicurante, speriamo bene.
Intanto vorrei riprovare il Canistel, perchè il primo tentatico è andato male causa infezione fungina alle radici.
Ciao!
Nino
Palermo
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Nino io vivo a Ostuni in puglia,ho trovato un paio di cultivar innestati, sicuramente li proteggerò i primi anni sai che minime reggono?
Anche se le mie piante hanno una decina d’anni, è difficile dire a che minime resistono, perchè nelle giornate più fredde di gennaio e febbraio è difficile che la temperatura scenda sotto i + 4-5°C, e se succede, dura sempre per poche ore. Di sicuro posso dire che mai il freddo, neanche dopo qualche rara gelata mattutina, ha lasciato danni sulle piante di mango, avocado, litchi, longan e casimiroa. Per questo inverno ho messo in piena terra una Carambòla, che è molto delicata, vedremo.
Ciao!
Nino
Palermo
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in fin dei conti tra i fruttiferi che ho acquistato-mango non ha sofferto anzi sta facendo 4 frutti
-avocado non ha sofferto anzi ha fatto foglie nuove
– myrciaria ha perso di botto tutte le foglie, e le ha rimesse nuove
– annona era senza foglie e sta vegetando alla grande
– asimina nuove foglie
– casimiroa stenta un pò, ancora pare sia ferma
– black sapote ha perso di botto tutte le foglie e si sta riprendendo
– eugenia inizialmente aveva le foglie nuove secche, ora si è ripresa
– dwarf cavendish sempre nuovi sigari– macadamia, invece non so è da 4 giorni che si so seccate tutte le foglie, ma sarà lo stesso fattore che ha colpito myrciaria e black sapote ? però le foglie non cadono, sono rimaste strasecche attaccate al tronco
Palermo
GabrieleScritto Da – palmente on 25 Maggio 2012 11:39:29
Ciao!
ho provato anch’io un sacco di fruttiferi, poi, alla fine, i migliori rimangono nell’ordine:
-mango
-litchi & longan
-chirimoya
-avocado
-asimina.
Le altre le considero fruttiferi minori, di scarsa importanza. Poi negli anni alcune si adatteranno bene, altre molto meno, per cui dopo un decennio la selezione naturale farà il suo corso. Personalmente darei più spazio al mango che è il frutto più importante.
Peccato che arrivo tardi, ti avrei detto di togliere tutti i frutti al mango per i primi 2 anni almeno. Se le giovani piante si lasciano fruttificare, per un anno almeno non crescono.
Ciao!
Nino
Palermo
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Molto interessante,grazie per queste info,ma i tuoi longan sono innestati oppure ottenuta da seme?Si il litchi risulta difficile da coltivare perchè necessita di una particolare situazione climatica sopratutto in fase di fioritura.Se riesco ha trovare delle piante innestate, perchè i semenzali tardano ha entrare in produzione vorrei provarlo.
Le piante da seme sono lentissime e solitamente producono frutti di bassa qualità, spesso sono anche sterili. Le mie sono margotte, le ho prese negli USA.
Il litchi cresce e fruttifica bene nelle zone costiere della Sicilia settentrionale, ma se non azzecchi il terreno giusto, profondo, fresco e ben drenato, è ostico ad adattarsi. Litchi e longan si trovano solo da margotta, pare che l’innesto sia difficoltoso, io non ho mai provato. Le mie piante da margotta fruttificavano già al secondo anno, ma io tagliavo via i frutticini fino al 3°-4° anno per farle crescere. Le possibilità di successo dipendono molto dalle condizioni climatiche, dove vivi?
Nino
Palermo
Zona climatica 9b (USDA)
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Io l’ho seminato un paio di anni fa’ ma è lentissimo come il Litchi, quindi ho lasciato perdere.Ci sarebbe anche la Clausena lansium, che dovrebbe anche essere più rustica e cresce un po’ più velocemente, almeno per mia esperienza.
Paolo
un blog di caprette, ulivi e curiosità vegetali:
http://caprettetibetane.splinder.com
Ciao, la Clausena lansium viene spesso accomunata al Longan perchè i due frutti hanno un aspetto simile, ma la prima è una rutacea e la seconda una sapindacea. Il frutto della Clausena, detto anche WAMPI, è agrodolce e ha un marcato sapore resinoso, che ricorda l’aroma del pino silvestre e il mirto, ma tutto sommato si può considerare un fruttifero minore, mentre il longan, se di cultivar pregiata, merita decisamente di più. Saluti!!!
Nino
Palermo
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Benvenuto 🙂 ,si sapevo che il longan cresce e fruttifica bene in Sicilia,in quale periodo matura?,è vero che il sapore e molto simile al litchi?
I miei longan Kohala cominciano ai primi di ottobre e durano circa un mese, stasera li avevo a tavola.
Nonostante litchi e longan vengano spesso accomunati per via della loro parentela botanica, sono piante MOLTO diverse. Il portamento e il fogliame sono completamente diversi, i frutti differiscono per colore e sapore.
Il frutto del litchi ha un sapore più contrastato per della debole nota acida e un marcato profumo di rose.
Il frutto del longan è privo di acidità, mediamente più dolce, non profuma, ma ha una gradevole sfumatura speziata difficile da definire.
Spesso il longan viene considerato il “fratello povero” del litchi, ma i due frutti non sono paragonabili, e sono ambedue squisiti. Direi che stanno l’uno all’altro come l’anguria sta al melone bianco, o come la pesca sta all’albicocca, ambedue appartengono alla stessa famiglia e ambedue seppur diversi nel sapore, sono squisiti.
Il longan si adatta molto meglio a terreni diversi, il litchi è mooolto più “schizzinoso”.
Dieci anni fa piantai 4 piante di longan e 4 di litchi. I longan sono tutti lì e 3 di essi producono bene, 3 litchi sono morti, e il sopravvissuto non ha ancora dato frutti.
Il litchi ha un aspetto curioso e il suo bel colore rosso lo rende attraente. Il longan paga lo scotto di avere la buccia liscia e un modesto e banalissimo color “patata”, ma per la sua robustezza, produttività e facilità di coltivazione, meriterebbe di essere coltivato commercialmente.
Ciao!
Nino
Palermo
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buono! l’albero ne fa dei grappoli.
Il Dimocarpus longan pare possa esser coltivato in Sicilia, dove non va sotto zero.
qualcuno lo coltiva??
Federico
Ravenna
Zona climatica 8a/8b (USDA)
Salve a tutti!
Nelle zone costiere della Sicilia il Longan cresce e fruttifica molto bene, è una pianta molto robusta e produce grossi grappoli di frutti che fanno incurvare i rami. Io ne ho diverse piante della varietà Kohala di circa 10 anni di età e stanno bene. E’ certamente una pianta che meriterebbe maggiore diffusione. I frutti, per dimensione e sapore, non hanno nulla da invidiare a quelli cinesi o tailandesi.
Ciao!
Nino
Palermo
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