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Buongiorno, Angelo
io ho tentato tante volte di seminare le Brunia, senza ottenere mai il minimo risultato, neanche con trattamenti chimici volti a favorirne la germinazione (come con le Richea). Ora, partendo dal presupposto che io con i semi non è che abbia un grande feeling e ammettendo che nasca qualcosa, la coltivazione è piuttosto impegnativa (le plantule sono sensibili ai marciumi), almeno al nord: credo sia un genere assimilabile alle Protea (genere che, nonostante mi abbia dato qualche soddisfazione, ho abbandonato perchè erano più i “dispiaceri” che altro ).
In altre località dell’Italia (alcune zone della Sardegna, la Sicilia, la Calabria et al.), in terra o in vaso, anche in prossimità del mare, credo sia tutto molto più semplice: il clima mediterraneo aiuta molto…
Ho sempre sentito dire che deve essere coltivata in un substrato molto minerale (i.e. comunque non calcareo), dove la frazione organica deve essere torba o sfatticcio di foglie, drenante, tendenzialmente asciutto. Le concimazioni mal dosate la fulminano.
Sopporta leggere e saltuarie gelate, se collocata in posizione protetta.
Del resto, in ambiente idoneo, non deve neanche essere tanto difficile, visto che alcune Brunia vengono vendute spesso “in mazzeria”, ovvero a complemento dei mazzi di fiori, per riempimento, insomma.
L’ho vista sempre e solo in foto: bellissima…
Buona fortuna
Tasha
Monza
Salve, Federico
ti era già nota la forma mostruosa? Io non l’avevo mai vista…
Quali sono le altre forme di cui parli? Conosco altre forme di variegatura (variegata bianca, mediopicta et al.). Sono molto interessato, mi piacerebbe un tuo intervento in merito.
Grazie
Tasha
Salve Giuliana
anch’io sono stato in Sri Lanka: l’orto botanico di Peradeniya quanto è bello? E pensare che l’ho visto pochissimo (1/2 ora! 👿 perchè quelli con cui ero stato in viaggio si erano scocciati e preferivano fare il massaggio ayurvedico…). Ancora ci penso: e quando mi capiterà, ancora?
Ricordo l’Amherstia, quel Ficus enorme, le Plumerie… Ma, soprattutto, ricordo con piacere quelle quattro rose rachitiche che vengono coltivate come se fossero chissà cosa. Risultato: piante sgangherate, pidocchiose con fiori che le nostre se le mangiano al mattino a colazione… .Quale è il problema: il clima! E allora ho pensato: tutto il mondo è paese (noi le Plumeria, lo le Rosa) e si desidera sempre quello che non si può avere 😀
Coltivo le mie oltre 150 piante di Plumeria in vaso, ma sono tutte, più o meno, piccole/medie: quelle grandi sono veramente poche. Non nego che i problemi ci sono (l’inverno, ogni tanto, miete una vittima) però ci provo. Pensa che tutto è nato dal regalo di una persona carissima e poi, piano, piano, mi si è riempita la casa di Plumeriette 🙂
Se dovessi trovare una boccetta di profumo, te ne sarei grato: mi fido del tuo naso!
Ciao e buona giornata!
Grazie a Pietro e a Giuliana (piacciono anche a te le essenze floreali, vero?)
Ora non mi resta che mettermi alla ricerca di qualche boccetta di vero profumo di frangipani 😀 , anche se mi sa tanto che dovrò accontentarmi di quello delle mie piante 😉
A proposito: una delle mie Plumeria, l’hanno scorso, ha raggiunto i 2,5 metri di altezza in 5 anni di coltivazione: peccato che i fiori (tipo “rainbow”) non sappiano di granchè e non fiorisca molto (in compenso sono piuttosto belli)…
Ciao!
Ciao!
Una aggiunta “a latere”…
Non mi risulta che Proboscidea louisianica sia una pianta velenosa: ho a casa le fotocopie di articolo pubblicato anni addietro su una rivista di botanica economica in cui l’autore, tal Bretting, dell’Università nel North Carolina, Dipartimento di Agricoltura, in una indagine sugli aspetti alimentari di alcune piante, riportava il fatto che Proboscidea fosse impiegata come ortaggio (foglie/frutti), presso talune popolazioni dell’America del Nord, del Sud e pure in Europa. Io non la mangerei mai: non si sa mai… 🙂
Ora, pur non consigliando a nessuno di cibarsene (con tutto quello che c’è da mangiare, c’è bisogno di alimentari di quei frutti mostruosi? 🙂 ), non credo ci siano motivi per non coltivarla, per bellezza, a fianco di nerium, datura, brugmasia, petunia, aesculus, edera, rheum, taxus, nicotiana, dieffenbachia, poinsettia, euphorbia, anemone, alocasia, arum, mirabilis, boxus, zanthedeschia (devo continuare?) etc., tutte piante che crescono liberamente ed industurbate, senza che nessuno le additi come assassine, tanto in casa, quanto in giardino. E queste sì che sono velenose, in varia misura.
In linea generale, consiglio sempre grande attenzione rispetto ai bambini che, quando possibile, andrebbero educati a non cibarsi o toccare le piante dei nostri giardini: insomma, andassero a brucare una fetta di torta della nonna, piuttosto di una foglia di Dieffenbachia!
Buona coltivazione!
Tasha
Ciao
non sono piante sterili: non esistono piante sterili (nella loro forma ancestrale, intendo, e prive di malformazioni congenite agli organi riproduttivi, mentre altro è il discorso per alcune varietà o ibridi intergenerici dove la differente dimesione cromosomica dei genitori, ad es., fa in modo che i discendenti siano incapaci di produrre semi fertili). Altrimenti come sarebbero arrivate fino ai nostri tempi?
Al limite esistono piante che non fruttificano o producono semi scarsamente o punto fertili se coltivate in ambienti non idonei, da un punto di vista climatico (e anche per problemi legati all’autocompatibilità e, non meno importante, l’assenza di pronubi).
Pare che la fioritura, in Europa, sia un evente abbastanza eccezionale e per vari motivi: le piante fioriscono solo da adulte (nelle dimesioni di un albero, il che richiede tempo) e solo se coltivata in ambiente idoneo (temperatura, tropicale, ovviamente, luce et al.). Avete idea di che serre servano per una pianta del genere?
La prima fioritura registrata in Europa avvenne a Kew nell’ultimo decennio del secolo XIX, se non ricordo male (io ero presente…) 😀
In definitiva, le piante coltivate in climi non tropicali o, in serra, non in condizioni estremamente caldo/umide, non vivono: muoiono dopo poco tempo. Non c’è niente da fare. Troppo grandi, troppo esigenti… Con alcune piante, come diceva Wim Wenders, a proposito di altro: “In weiter ferne, so nah”. 😀
Ciao e buon week end
Scritto Da – nelumbo on 27 Febbraio 2010 15:37:44
Buongiorno Andrea
comincio con una precisazione: il termine Adenium obesum è un “contenitore” dove, per comodità, i commercianti fanno convergere un sacco di forme, ibridi e, più raramente, specie.
A casa avevo, fino ad un paio di anni fa, circa 120 piante grandi e piccole di Adenium innestate e da seme: circa il 50% assomigliavano alla tua. Chi le fece mi disse che, molte delle piante da seme che si trovano in commercio, o sono Adenium obesum o ibridi tra l’obesum e altri adenium (socotranum, swazicum etc. Pare che gli ibridi siano più resistenti agli inverni europei e conservino più a lungo le foglie, a volte non perdendole mai. Il caudex, però, risulta un po’ più esile).
I semi ibridi di Adenium provengono generalmente dall’Oriente, dove si ibrida molto per ottenere nuove varietà: le piante non particolarmente belle (altrimenti destinate al taleaggio per gli innesti) ma molto produttive vengono poi conservate per produrre semenze impiegate per generare piante da innestare o per la vendita dei semi.
Un mio conoscente che vive a qualche ora da Bangkok produce 200.000 piante innestate all’anno.
Curiosità: i semi di Adenium non hanno vita lunga e non generano piante i cui fiori sono identici a quelli della pianta genitrice, salvo avvicinandosi al colore (non vi fate infinocchiare comprando semi/piante da seme di varietà di lista con la promessa che risulteranno uguali alla pianta madre!).
Inoltre, una pianta grande come quella dell’immagine di Adenium socotranum sarebbe una pianta piuttosto costosa.
In definitiva credo di poter dire che quello che hai acquistato è una bellissima pianta ibrida: capire poi ibrido di cosa… Forse obesum x socotranum? Chissà, poi, per quante generazioni…
Sicuramente i fiori saranno fantastici!
Ciao e buona giornata!
Tasha
Scritto Da – nelumbo on 26 Febbraio 2010 10:03:32
Ciao
Cyphomandra si riproduce benissimo:
– da seme
– da talea
– da innesto (varietà selezionate su piante da seme, ma pare che la vita della pianta si abbrevi molto per problemi metabolici)
Sarà pure una mia impressione, ma da seme le piante sono molto più vigorose.
Ovvio che, da seme, i risultati possono essere variabili, dal punto di vista della conservazione delle caratteristiche del frutto.
Ricordo anch’io che, quando ero ragazzino (mannaggia…), vedevo la pubblicità di questi fantomatici alberi dei pomodori che, assicurava il testo caratterizzato da una grafica tipo giornale scandalistico, dovevano assicurare raccolti di proporzioni titaniche, che saresti stato costretto a distribuire ad amici, parenti et al. Menzogne: le piante garantiscono un paio di raccolti più o meno abbondanti all’anno e qualche frutto spargolo ogni tanto.
Ora un consiglio non richiesto: prova a coltivare anche Solanum muricatum: ben maturo è molto buono, secondo me…
Ciao
Scritto Da – nelumbo on 26 Febbraio 2010 09:06:49
Scusate se mi intrometto…
sì, il frutto è commestibile e il sapore è più o meno quello del pomodoro. Guglielmo Betto, nel suo libro sui frutti esotici, ne parla.
Ce ne sono alcune varietà, tra cui una a frutto giallo, la più utilizzata a livello industriale.
La Nuova Zelanda è uno dei principali produttori.
Il frutto viene venduto a prezzi esorbitanti durante le festività natalizie nei negozi e nei centri commerciali come se fosse chissà cosa… uno lo compra, lo assaggia e scopre di avere pagato 20 euro al kg. dei pomodori… 😀
I fiori sono molto profumati.
Ho scoperto, quest’anno, che è una pianta piuttosta rustica: protetta e all’asciutto, ha resistito benissimo.
Cresce molto (diventa un alberello), molto velocemente, produce grosse foglie (soprattutto allo stadio giovanile) e piuttosto lucide.
Preferisce posizioni fresche: io ho ottenuto crescite migliori a mezzombra e non al Sole ma, si sa, da noi il Sole estivo è terrificante, in particolar modo sui terrazzi.
Ciao!
Ciao
Io azzarderei, per la Billbergia, un’ipotesi: Billbergia x Windii (nutans x decora). Non ne sono sicuro perchè:
– le infiorescenze della x Windii sono, solitamente, molto più grandi (la scorsa estate, dal mio clone, ne ebbi una lunga quasi 80 cm., con bellissime e grandissime brattee: devo avere la foto da qualche parte e se la trovo la posto…). Però, se trattasi di una pianta giovane (sembra una divisione con una sola vegetazione) è plausibile che le infiorescenze siano più piccole: diamole tempo, no?
– non vedo bene la foglia… noto strane macchioline che non capisco se essere la colorazione naturale delle foglie (alcune Billbergia sono vivacemente chiazzate, maculate) o dovuta a qualche piccolo accidente…
– una curiosità: è completamente rustica, se protetta da brinate/vento freddo/pioggia, come la nutans, almeno qui a Monza, anche durante questo inverno infame. Inoltre, se accestita, fiorisce più volte all’anno (almeno un paio: tipo Maggio-Ottobre)
Buona giornata!
Tasha
Monza
Oh, grazie, ma non è proprio così… anzi, figuriamoci…
Mi sono un po’ perso il post ma cercherò di dare qualche idea, magari inutile…
– tutti i Cymbidium a fiore grande sono piante da serra fredda. E fin
qui niente di male non fosse, però… che oltre ad essere piante da
serra fredda d’inverno, lo sono pure -e soprattutto- in estate! Le
nostre estati, soprattutto quelle padane, sono un po’ troppo…
tropicali, per loro. Guarda caso, infatti, il grosso della produzione
viene dal Nord Europa.
Coltiviamoli, quindi, nella posizione più fresca del giardino, lontano
da lastricati, patii, muri che, letteralmente, li cuociono. Molto
meglio coltivarli su un prato o ai margini del giardino (avendolo!),
su dei mattoni, per evitare che il terreno tocchi la base del vaso
(passano insetti, molluschi, malattie)
– vogliono moltissima luce durante tutto l’anno, in particolare
d’estate, quando producono le gemme a fiore, con una riduzione di
circa il 20% dell’insolazione piena (con reti ombreggianti o latte di
calce sui vetri delle serre/verande)
– molta acqua d’estate, bagnando anche le foglie, il mattino presto
(entro sera non ci dovranno essere tracce di acqua tra le foglie),
molta meno in inverno, evitando i soliti ristagni: il riposo,
necessario per molte orchidee, in questo caso deve essere piuttosto
breve e mai disidratare le piante
– evitare di costringere le piante per troppi anni nello stesso vaso:
piante stipate in vasi troppo piccoli (o piante troppo grandi, non
divise) tendono a deperire, producendo pseudobulbi sempre più piccoli:
spesso al centro gli pseudobulbi collassato, marciscono ed attraverso
i rizomi viaggiano crittogame. I vecchi pseudobulbi, se sani, possono
essere utilizzati per produrre nuove piante, in sacchetti pieni di
agriperlite o terriccio sterlizzato + agriperlite, dopo averli fatti
asciugare e trattati con un anticrittogamico: nella fase iniziale
possono stare anche al buio, ma al caldo: quando compaiono i getti,
esporli alla luce. Di contro, è ovvio che le piante non vanno divise
in continuazione, ma quando hanno riempito il vaso. I vasi dovrebbero
essere profondi, più che larghi
– un’altra cosa: occhio che, spesso, i Cymbidium perdono i fiori e
producono pseudobulbi sempre più piccoli perché hanno quasi tutte le
radici marce (anche se la pianta “tira a campare” con quelle poche
sane che ha). Svasare, togliere completamente, fino alla base, tutte
le radici marce, trattare la pianta (in particolare le radici) con
anticrittogamico, rinvasare riducendo le bagnature fino ad avvenuta
radicazione
– i Cymbidium vanno concimati con concimi per orchidee il cui tenore
sia 30-10-10 se su bark, bilanciato se coltivati su terriccio, durante
la fase di accrescimento: più tardi si possono modificare i tenori NPK
per favorire la fioritura e la maturazione degli pseudobulbi
– le fioriture più copiose e brillanti si ottengono con le gemme
formatisi in giugno/luglio (si riconoscono, rispetto a quelle a
vegetazione, perchè sono molto appuntite e non coniche come quelle
destinate a vegetazione). Una produzione così apparentemente precoce
delle gemme a fiore (che si schiuderanno anche 5/6 mesi dopo) avviene
solo con una buona coltivazione.
– riparare le piante (ove necessario) solo quando le notti si fanno
veramente fredde: il crollo delle temperature notturne favorisce la
fioritura (il tutto dovrebbe avvenire tra la fine di Ottobre e
l’inizio di Novembre, a seconda dell’andamento climatico)
– soprattutto quando i fiori escono dalle guaine, la temperatura deve
essere fresca e il più possibile costante, pena la caduta dei
boccioli. E non è facile, in effetti, salvo per chi possieda una
veranda o qualcosa del genere. Non vanno tenuti al caldo degli
appartamenti. Anche la luce deve essere il più brillante possibile.
Quando tutti i fiori, o quasi, si sono aperti, le piante si possono
portare in appartamento. Mai tenerle vicino ai termosifoni, ai fiori
che stanno appassendo o, sembrerà strano, alla frutta (tipo le mele et
al.): l’etilene che emettono favorisce la caduta anticipata dei fiori
– la caduta dei boccioli si può prevenire con l’applicazione di acido
beta-naftossiacetico avendo cura di bagnare molto bene i boccioli e lo
stelo, ma di non farlo raccogliere tra le guaine
– sul tenerle fuori: che dire… dipende da dove abitate! Protette dal
gelo, magari sotto una tettoia, vivono fuori anche qui a Monza, ma si
sfiancano. Meglio proteggerle. Ovvio che, per chi vive a Roma o a
Napoli le cose, inverni strani permettendo, cambiano…
Ciao
Scritto Da – nelumbo on 10 Febbraio 2010 09:00:16
Ciao!
Se intendete Proboscidea louisianica/Ibicella lutea devo dire che:
– vi assicuro che non è per nulla rara, anzi… In Svizzera tedesca e in Germania la usano per fare le aiuole dei paesi e delle città (Basilea, Zurigo, Friburgo etc.)
– fiorisce subito dal primo anno, poche settimane dalla semina
– fruttifica liberamente producendo delle capsule che, alcuni, definiscono ornamentali (a me fanno un po’ impressione…)
– fiorisce in maniera abbondantissima e i fiori emanano, di giorno ed anche a notevole distanza, un profumo forte e secchissimo, che alcuni giudicano sublime mentre altri ne sono stuccati (tipo io)… Credo profumino di incenso o qualche cosa del genere.
– sul fatto sia una pianta carnivora… che dire: bisognerebbe definire il senso del paradigma. Secondo l’interpretazione più rigorosa del termine, anche il pomodoro è una pianta insettivora. Vero è che le foglie sono felpatissime e ricoperte da una sostanza untuosa e appiccicosa che provoca l’adesione di eventuali piccoli insetti (quindi niente mosche o insetti di consimili dimensioni) che vi si sono posati sopra. Punto. Niente di più. Stanno lì. Sarebbe quindi meglio parlare di una pianta protocarnivora.
Anche le foglie, se toccate, lasciano a lungo un odore simile al profumo dei fiori.
In definitiva, una pianta da provare!
Ciao e buon we!
Tasha
PS
Ma quando finisce ‘sto inverno?
Angelo
che dire: siamo un pochino fuori tempo… Io li seminerei ora, lo stesso: magari si allungheranno i tempi di germinazione ma, oramai, una anno in più, un anno in meno… 😀
Non lasciarli asciugare.
Ciao
Ciao!
La pasta in questione è comunemente in commercio, all’estero, e credo anche su e-bay (tempo addietro lo era: lo ricordo). Cercate, in Google, “phalaenopsis lanoline benzyladenine”: dovrebbe saltare fuori qualcosa.
Per le foto: è da poco che ho cominciato a fare foto alle mie piante, con risultati devastanti (sono delle vere schifezze, non c’è niente daffare).
Comunque, se volete vedere qualche foto delle mie orchidee:
http://www.tropicamente.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=2714&FORUM_ID=41&CAT_ID=16&Topic_Title=Ibridi+di+Cattleya%2C+Laelia+e+Sophronitis&Forum_Title=Discussioni+generali
Ciao!
Ciao
a proposito della domanda di Costiero sulla riproduzione:
– sono piante riprodotte per meristema (sono cloni)
– si possono riprodurre da seme, su appositi substrati, ma in casa non è facilissimo, vista l’asepsi totale da rispettare durante la semina (nonchè, poi, regimi di temperatura e luce)
– puoi riprodurne piccole quantità in maniera molto semplice applicando una pasta a base di lanolina e benziladenina (6-benzilaminopurina, in proporzioni varianti, per le orchidee, da 0,05 a 0,5%), sulle gemme dormienti dello stelo fiorale. Basta togliere le brattee che ricoprono le gemme, con grande cura, ed applicare una goccia abbondante di pasta: in qualche settimana si dovrebbe notare un certo rigonfiamento delle gemme da cui emergeranno delle piccole piantine (con radici e tutto quanto) che, quando saranno abbastanza grandi, potrai staccare e mettere a dimora nel solito substrato.
– Ci sono anche altri modi, ma sorvoliamo
Ciao!
Ciao
Quella di Villa Taranto avrà, quindi, almeno 70 anni, no? In giro, per l’Italia, ce ne sono anche di più vetuste, ovviamente, ma vuoi mettere la scenografia di Villa Taranto?
La fioritura avviene in Maggio e le bratte sono proprio grandi come fazzolettini di carta!
Ciao!
Ciao
Se la vuoi vedere in tutto il suo splendore, fai un salto a Villa Taranto: ce ne sono di enormi e bellissime. Lì cresce un esemplare messo a dimora nel 1938 dall’infante di Spagna Don Jaime, nel “Prato delle Personalità”, vicino al monumento al Capitano Neil Boyd Mc Eacharn.
http://www.villataranto.it/specie.asp (guarda in basso)
Oltretutto vale la pena farsi un giro in uno dei luoghi più belli d’Italia: il Lago Maggiore.
Ciao!
Buongiorno, Giuliana
è una pianta di poche pretese e dalla fioritura spettacolare, anche se si apprezza solo da vicino, visto che i fiori avvolti da vistose brattee bianche sono spesso visibili solo ponendosi sotto l’albero, dato che sono nascosti dal fogliame (alternative perchè si veda meglio: potandolo in modo che si sviluppi molto “impalcato” o posto in cima ad un sopralzo del terreno ma, in questo caso, si deve disporre di molto spazio).
Semina: in autunno, all’aperto ma in posizione riparata, appena i semi sono maturi (è necessario armarsi di pazienza! La germinazione può essere veramente lenta). I semi della stagione precedente a volte germinano lo stesso, ma i tempi si allungano notevolmente: prova, magari, a immergerli in acqua.
Mi sembra si riproduca anche per:
– talea di legno dell’anno, prelevata in estate e piantata in terra fertile e sabbia
– propaggine
– innesto, per le varietà selezionate
La prima fioritura avviene dopo 8/10 anni dalla semina. La pianta diventa molto ingombrante (con il tempo diviene un albero enorme) e mal si adatta alla vita in vaso, ovviamente, se non per i primi anni. Posizione: soleggiata o molto parzialmente ombreggiata, in terreni freschi ma molto ben drenati (il fusto è facile preda di crittogame in presenza di umidità stagnante). L’ho vista coltivata in molte località e non mi sembra particolarmente esigente dal punto di vista di acidità et al.
Ciao e buon lavoro: tra una decina di anni mandaci le foto dei fiori! 😀
Tasha
Sono andato a controllare: l’ho avuto anch’io, qualche anno fa’, nel marasma generale…
Comunque, breve descrizione:
Hylocereus stenopterus (Weber) Britt. & Rose.
Fusti di circa 4 cm. o più, verde chiaro, areole dotate di 1/3 spine corte, abbastanza forti, gialline. Fiori abbastanza grandi, larghi da 10 a 12 cm., lunghi 13/15 cm. (quindi più piccoli dell’undatus). Il colore dei petali e dei sepali è porpora/rosso-porpora ma mai veramente rosso. Provenienza Costa Rica. Z9.
Cresce molto (motivo per il quale non ho più tenuto questo genere di piante) ed è molto bello, non molto fiorifero, però (almeno nella mia esperienza). Ci vogliono un paio di anni per vederlo fiorito, partendo da talea. Ti consiglio di farlo crescere su un traliccio e non pendere (occupa meno spazio) come si vede ai tropici.
Credo che, come altri Hylocereus, non sia autofertile, se ti interessasse vederlo fruttificare.
Spero di essere stato esaustivo 🙂
Ciao!
Piera
credo di non avere compreso molto la domanda finale, ma mettiamola così: se, e dico se, qualsivoglia ormone di provenienza e forma commerciale provocasse la radicazione di uno pseudobulbo privo di radici, il getto che ne deriverebbe (ma, quindi, stiamo parlando di un nuovo pseudobulbo) emetterebbe normalissime radici. Quindi, quello che hai letto è una “sparata”. Altro discorso è se quello che hai letto fa riferimento all’impiego di NAA ed altro su protocormi dove il discorso si complica, ma non credo ti interessi…
Spero di averti risposto, altrimenti chiedimi chiarimenti 🙂
Per Roberto Bruno: no, non mangio le orchidee, ma ci capisco qualcosina di chimica applicata all’orticoltura e alla coltivazione in vitro 😉
Ciao a tutti!
Ciao
in realtà gli ormoni radicanti sulle orchidee simpodiali (su parti differenziate di piante sviluppate, intendo, altro discorso è per i meristemi in vitro) non sono utilizzati, perchè hanno effetti necrotizzanti sul velamen radicum. Inoltre, l’NAA non è il miglior ormone radicante. Potresti provare abbassando il ppm con talco micronizzato ma, come ti ripeto, non si usa.
Altro discorso sulle orchidee monopodiali, in cui sono in corso sperimentazioni utilizzando NAA, TIBA e IBA per attivare la produzione di radici ai nodi, spesso mescolandoli con pasta di lanolina (per non far dispedere l’ormone in seguito alla pioggia et al.)
Devi riattivare dei vecchi pseudobulbi di Cymbidium? 😉
Ciao e buona giornata
Vado un po’ a memoria, ma dovrebbe essere il non molto conosciuto Hylocereus stenopterus.
Ciao!
Salve
il libro ha già trovato un nuovo lettore!
Grazie mille!
Tasha
Ciao Ferdinando e Roberto
scusate il ritardo con il quale rispondo, ma sono stati giorni un po’ congestionati…
No, non le ho acquistate da Scarascia, ma in un garden della mia zona che, talvolta, ha delle cose interessanti…
La cosa che terrei a sottolineare è che le piante hanno le stesse identiche (dico: identiche) foglie: cambia solo il fusto (più “bulboso” nella prima, più slanciato nella seconda) e la quantità di catafilli (più cospicua nel caso della pianta con lo stipite più slanciato). Credo si tratti della stessa specie, con un certo grado di polimorfismo.
Cogliendo la suggestione di Federico, poi, sono andato a spulciare il libro “Cycas of the world” di David L. Jones (2a edizione) che, pur essendo un bel libro, da un punto di vista iconografico non mi è stato molto utile. Quello che ne ho desunto è che c’è tutto un gruppo di Cycas, quello delle thouarsii, che è veramente difficile da riconoscere se non in fase di fioritura e/o per certe caratteristiche del seme (galleggiabilità et al.). E’ corretto?
Secondo voi quanto mancherebbe al fiore, così, a occhio?
Potrebbero essere interessanti foto che riprendono le piante nella loro integrità o tanto sarebbe inutile? E dei catafilli?
Grazie e buona giornata!
PS
Scusate se, ogni tanto, il mio italiano fa’ acqua: nonostante sia nato e vissuto in Italia, non parlo molto l’italiano al lavoro/casa e tantomeno leggo testi in italiano, quindi ogni tanto va’ un po’ a farsi friggere… A volte correggo i messaggi 3/4 volte prima di postarli 😀
Ciao
vicino a Monza, ridente provincia nel cuore dell’italica Insubria, zona che, se non si può propriamente definire calda, non si può neanche dire sia particolarmente sfavorevole alla coltivazione delle nostre beniamine: le Strelitzia reginae (devastate, quest’anno, come tutte le altre piante, dal vento estivo), aranci amari, qualche cicadacea etc. vivono fuori senza grossi problemi (con qualche accortezza, tipo addossarle ai muri etc.). L’unico problema è la lunghezza dei nostri inverni… ma del resto, detto da me, non fa’ molto testo dato che odio l’inverno e il freddo 😀
Ciao e buon fine settimana!
Buongiorno Pietro
come fanno tutti quelli che non hanno la fortuna di vivere in località climaticamente favorevoli (ogni riferimento a persone è da ritenersi assolutamente casuale) 😀 : taglio a 2, 2,5 metri e le ricovero in casa, in soffitta (illuminata da alcuni pannelli di copertura trasparenti) etc. insieme alle piante grandi che non si possono potare (Chorysia, Plumeria, Strelitzia, Cyphostemma, Cycas, Dioon et al.). Inutile dire che è una convivenza difficile, quella invernale. Il fatto è che sto aspettando di avere una serra e, nel frattempo, ho già cominciato a riempirla.
Buon fine settimana!
Federico
Che dovrei fare per avere la sicurezza? Foto migliori o fotografare qualche parte significativa della pianta?
Grazie
Ciao
Ecco, esatto Federico: eliminato il problema di dove trovarli (i.e. che ne ho trovati) e quello degli zeri (che non mi pongo poiché non ho le disponibilità finanziarie per acquistare piante esemplari), quello che chiedevo appunto a chi di voi ne avesse nozione, è un piccolo aiuto a selezionare, tra i tre candidati, coloro i quali fossero più rustici (per rusticità intendo anche una certa adattabilità allo “istato captivo” cui verrebbe a trovarsi, non solo resistenza alle basse temperature) e che crescessero con un certo… “slancio” (per quello che può essere lo slancio di un Encephalartos).
Inutile dire che l’horridus è tra i miei preferiti: ne ho visto esemplari in diversi orti botanici e sono stato letteralmente stregato dall’azzurro e dalla rigidezza delle foglie che sembrano tagliate in qualche strana lamina sintetica.
Ora un altro paio di domande:
• Nella speranza di non essere colpito dagli strali di qualcuno, ve lo devo proprio chiedere: secondo voi, 195 euro per una pianta di Encephalartos horridus con un caudex di circa 6 cm e alcune foglie (credo quattro) integre e lunghe circa 25/30 cm è uno proposito o potrebbe essere il suo giusto prezzo?
• La “piantina” che ho visto in vendita non ha quei bei apici “arricciati” che ho visto in piante più grandi (anche se non ricordo se in tutte): è lo stato giovanile? Le foglie successive, col tempo, si arricceranno in punta o esistono anche forme con foglie dagli apici diritti?
Grazie ancora a Caio, Federico, Roberto e a Traiano per le risposte e i consigli che mi vorranno ancora dare: scusate la mia ignoranza, quella del novizio.
Ciao
Ciao a tutti!
Un aggiornamento: dei 25 semi di Dioon edule, a distanza di 10 giorni dall’immersione in acqua, ne stanno germogliando 5.
Tecnica: 4 giorni in acqua (cambiata almeno 3 volte al giorno con altrettanta acqua calda), una volta ogni due giorni disinfettati con ossidante elettrolitico, poi i semi sono stati messi in un sacchetto di plastica trasparente con agriperlite umida. Il tutto, poi, vicino al termosifone.
Ora vedremo un po’ che succede…
Grazie dei consigli che mi avete dato!
Ciao
Caio a tutti
Attenzione: non tutti i frutti delle cactacee sono commestibili. Pare che i frutti di Castellanosia caineana (Card.) siano tossici (cfr. Mariella Pizzetti in “Piante grasse : le cactacee”, Mondadori)!
Tra fare un’intossicazione e il tenersi la voglia di assaggiare qualcosa che non si conosce, meglio la seconda!
Comunque, buon appetito!
Ciao
Tasha