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stupenda, che foglie lucide…Tasha quali sono le plumerie più resistenti al freddo che hai potuto testare?
Io le ho sempre tenute in casa in stanza fredda con circa 9-10 gradi di minima ma di circa 10 piante ne sono rimasto con una sola…Moris
Moris
quale è la Plumeria più resistente? Nessuna… Mi spiego: di solito, delle varietà cui tengo di più, compro più esemplari (di solito tre): a volte, al primo inverno, ne scampano due su tre (gli anni successivi non ne muore più nessuna). E quella morta? Non era identica alle altre? Eppure…
Certo poi le variabili sono infinite (la pianta aveva già qualche crittogama? Era più debole delle consorelle? Etc.) e quindi… torniamo al punto di partenza: nessuna. Forse Plumeria rubra var. acutifolia, ma coltivo la mie acutifolia alle stesse temperature di varietà assai meno rodate, motivo per il quale non posso essere di grande aiuto.
Ecco, diciamo che 9/10 C° mi sembrano veramente pochini, se poi ci metti che magari quel locale è pure poco luminoso e, per soprammercato, ci mettiamo che è pure umido e l’aria non circola… si spiegano così tanti decessi.
Ho letto, anche in questo forum, di Plumeria in vaso o sradicate ogni anno dalla piena terra e ricoverate in garage “dove non gela” e al buio (pure!). Ecco vorrei vederle, ma mica perchè non ci credo, è che a me non viene: tutto qui.
Eppoi “dove non gela” che significa? Quale sarebbe la temperatura media? Insomma, detto così può anche significare una temperatura al di poco al di sopra di 0 C°: non credo proprio…
Secondo me, un locale la cui temperatura si muova su almeno 12 C° (certo anche con le dovute fluttuazioni in positivo e in negativo), asciutto e con un certo movimento di aria andrebbe assai meglio: le piante sarebbero meno provate e si riprenderebbero assai meglio e velocemente in primavera.
Fossi in te terrei la mia Plumeria in casa, vicino ad una finestra.
Buon lavoro e buon week end, Moris
Tasha
Monza
Ecco qualche foto delle mie Serre Reali: in realtà sono le foto delle zone di cui meno mi vergogno…
ma preparatevi a questo…
Ho evitato di fotografare quelle che chiamo l'”orto”: chilometri quadri di orchidee in cassette della frutta, Agave, Plumeria, la gran parte degli agrumi, le mie piccole Zamiaceae/Cycadaceae etc.
Tutto qui!
Ciao
Tasha
Monza
Moris
questa volta mi stai battendo con questa foto! 😀
Comunque, basandomi su quello che vedo (non molto) mi sembra si tratti di Mandevilla suaveolens, detta anche Mandevilla laxa, la forma con la foglia un po’ più stretta della specie base, come quella che ho avuto io: potrebbe essere? E’ un azzardo, lo so…
Nel caso ci avessi azzeccato, preparati a dei fiori bianchi, molto profumati (ricorda certe varietà di Plumeria, secondo me), prodotti durante la bella stagione: è scarsamente rustica.
Ciao
Tasha
Monza
quote:
PS Tashanon avresti qlc foto della tua collezione ?
Angelo
Angelo
qualche foto? ma non ti bastano tutte quelle che ho postato tra orchidee, Plumeria e altro? 😀 😀
Essì che pensavo di avervi annoiato… Allora continuerò… 😀
Ciao!
Tasha
Monza
quote:
Ciao Tasha,Caspita!!!200 plumerie! immaggino avrai una grande serra,sono da seme o talea?
Tutte da talea o da innesto, dalla prima all’ultima. Da un paio di anni non le coltivo più tutte a casa mia, ma nei giardini a balze (un poco trascurati, purtroppo) di un bel palazzo valtellinese del Cinquecento a circa 900 metri di quota: continuo a mantenere qui a Monza solo le piante più grandi, intrasportabili, o che penso debbano fiorire nell’annata.
Una specie di mio “fratello adottivo”, di nome Andrea (che, tra l’altro, con una serie di regali ha cominciato proprio lui la mia “collezione” -parola che detesto, ma vabbe’- di Plumeria e ora ne paga le conseguenze), si occupa di loro: lì crescono molto più velocemente o con meno parassiti (tipo ragnetto rosso et al.). Purtroppo, delle molte delle giovani Plumerie che fioriscono lì, purtroppo non riesco a godermene/fotografarne molte in annate come queste, dove sono riuscito a “raggiungerle” solo un paio di volte, per accidenti vari (meteorologici, di impegni e di salute).
Se le godono molto di più gli abitanti del palazzo che si vantano di avere una delle più grandi “piantagioni” (così la chiamano) di Plumeria in circolazione (sono quasi tutte diverse l’una dall’altra).
Fà un po’ ridere pensare alle “Plumerie Montane Valtellinesi” ma è così 😀
D’inverno vengono tutte svasate e conservate dentro a delle grandi cassette della frutta, al riparo dal freddo, inclinate su un lato, come fossero degli ortaggi. E’ una tecnica che funziona abbastanza.
Ciao
Tasha
Monza (e Valtellina)
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Buonasera Tasha,
in mezzo all’affollamento di piante e fiori che si ritrova, si ricorda della Tavaresia?
Ce l’ha ancora? E’ fiorita? (ultima fioritura vista luglio 2009) Potrebbe guarduare sotto a qualche pianta o dietro alle aristolochie se c’è ancora e aggiornarmi(ci)?
Scusi il fuori tema.
Giuliana 😀 😀
Giuliana, buonasera
certo che mi ricordo della Tavaresia: che bella…
Ne ho un paio di piante ma quest’anno ne è fiorita solo una, purtroppo dalla parte che dava verso un tronco e il bocciolo, crescendogli contro, si è “rognato” (termine aulico per “deformato”). Peccato, perchè non è che fiorisca in continuazione.
Certo che, come fiore, è molto bello eppoi, quella consistenza di latice spesso, quei colori, quella forma…
Nota: è un po’ difficile farle superare inverni lunghi e poco luminosi ma, superati i primi due anni, la cosa diventa assai più facile.
Grazie a Maria per il complimento all’orchidea: riferirò alla diretta interessata.
Buona serata!
Tasha
Monza
quote:
ciao Tasha ,
2 domande : ma quante piante hai e quanto tempo ti impegnano cosi’ tante ??
Angelo
Ciao
In merito alla quantità, le piante sono diverse centinaia, ma non ho idea esattamente di quante: solo le Plumeria saranno 200 circa, ma sono ancora giovani, poche quelle veramente grandi. Poi ho molte bromeliaceae, un centinaio (?) di orchidee (di cui circa 50 specie o ibridi di Phragmipedium), qualche cycadina/zamiacea (Cycas, Zamia, Encephalartos…), una cinquantina di varietà di agrumi, qualche alberello esotico (Bombax, Chorisia -questa è un vero e proprio albero-, Diospyros…), qualche pianta da frutto (Mangifera, Casimiroa…), un vecchio esemplare di Cyphostemma juttae, qualche varietà di Nelumbo nucifera, Aristolochie come se piovesse, Ibischi, una serie di Stapelia e di altre Apocynaceae succulente e poi… chi si ricorda? Un altro piccolo esercito di piante malamente assortite: Agave mutate, Musaceae, Liliaceae, Iridaceae, Apocynaceae…
Ogni tanto prendo due volte la stessa pianta, perchè non mi ricordavo più di averla già comprata, altre volte dei miei amici mi fanno notare piante di cui non ricordavo più l’esistenza 😀 tipo:”Che bello quel fiore! Che cos’è?” e io “quale fiore? Ah, quello! Boh, aspetta che guardo il cartellino: non mi ricordavo neanche di averla, ‘sta pianta…” allora mi immergo nella selva con tutto il corpo a cercare il cartellino, spaccando rami, germogli, fiori…
In merito al tempo, si può dire che le mie piante siano il mio tempo e che io comincio ad associare me con loro: non potrei mai fare a meno di loro. No. Nota bene: non ho ancora cominciato a parlare loro, ma è questione di tempo.
Tante piante costano sacrifici: poche vacanze/uscite/week end in giro, alla sera torno a casa distrutto e, magari, devo bagnare e non ne avrei proprio voglia, a volte devi fare trattamenti contro ragnetto rosso, mosca bianca, cocciniglia (ed è un lavoro che non sopporto)…
Diciamo che impiego mediamente due ore al giorno per la loro manutenzione, d’estate: d’inverno il tempo impegnato è praticamente zero, visto il riposo o lo scarso consumo di acqua.
Un bel lavoro, insomma.
Tasha
Monza
Buongiorno Angelo
ammesso che entrambe le foto rappresentino la medesima specie, basandomi sulla seconda foto mi sembra di riconoscere una Eugenia myrtifolia (Eugenia, Syzygium…).
Non è completamente rustica (io ne avevo una pianta che, al primo inverno, piuttosto rigido, ha raggiunto il Regno Dei Più) e produce dei piccoli frutti commestibili.
Buon lavoro
Tasha
Monza
Verehrte Giuliana
Che bella foto e che sfondo…
Mi fà piacere abbia aperto un post su questa bella pianta, che comprai anni or sono, attratto dalla bellezza dei fiori più che dalla velenosità dei frutti 😀 (non che ogni tanto non mi venga voglia di farne uso, badi bene, soprattutto ora che ho saputo che non lasciano traccia…).
Difficile da coltivare, lenta, insofferente all’inverno: mai fiorita, insomma. Ora sta da qualche parte, nascosta da qualche altra pianta, ma non ricordo esattamente dove: magari, abbandonata a se stessa, mi stupirà con qualche fiore…
Da alcuni anni la si vede in giro ovunque, ma sotto forma di seme, usata nelle composizioni con le palme (gruppetti di palme in vaso con, alla base, una serie di frutti di cerbera spaccati perchè, così, non germinano) o venduta come decorazione per la casa. E pensare che, all’inizio, anch’io pensavo fossero dei semi di qualche palma (sembrano piccoli cocchi).
http://us.fotolia.com/id/31101864
Se i semi sembrano dei cocchi, i frutti sembrano dei piccoli manghi, soprattutto quelli di un’altra specie: Cerbera manghas.
Pare che il succo dei frutti, dell’una e dell’altra specie, sia assai amaro e allappante, avvilendo qualsiasi tentativo di cibarsene.
Buona giornata
Tasha
Monza
quote:
ciao Tasha, posso riservami un pezzetino di talea di quella colorata? 🙂Moris
Se hai un po’ di pazienza, certamente: lasciamo allungare qualche ramo, poi lo recidiamo.
Ciao!
Tasha
Monza
Augusto
ma che meraviglia! Sbalorditiva! E che colore!
Bravissimo!
Ci aggiungo anche la foto di una delle mie, di cui avevo già postato la foto di quando aveva appena cominciato a sbocciare.
I fiori sono decisamente puzzolenti, però…
Questi, invece, sono grandi come piattini da caffè (i fiori di Frangipani più grandi che abbia visto) e molto profumati: fiorisce molto scarsamente, purtroppo, e cresce troppo: è alta circa tre metri.
Tasha
Monza
Scritto Da – nelumbo on 07 Settembre 2011 21:50:29
Grazie, Augusto
non sempre fila tutto liscio: alcune vegetano e fioriscono splendidamente poi, però, apparentemente senza un motivo (anche se il motivo c’è sempre), vanno indietro come i gamberi.
Poi, per me, spesso si tratta di piante nuove, il cui comportamento non mi è noto (avrà bisogno di riposo? Di freddo? Devo metterla sulla zattera o in vaso? Ha bisogno di molta luce? Tollera il Sole? E via così…)
Anche a me piace molto questa Eulophia che ho da poco tempo (l’unica che ho, tra l’altro): è però un po’ sfortunella… infatti ho dovuto steccare lo stelo, molto alto, perchè, spostando la pianta, lo ho piegato in almeno due punti, spiegazzandolo e, come colpo di grazia, ho chiuso la cima tra i battenti della finestra, stritolandola…
Buona giornata
Tasha
Monza
quote:
Uellà Tasha!
Sarà un fiore insolito, strano, selvaggio, ecc. ma bello proprio non mi sembra; è sgraziato, troppo grande, troppo..troppo. (scusandomi con tutti gli amanti di Aristolochia) E’ profumato almeno?
Preferisco le orchidee 😛
Schoenes Wochenende
Giuliana
Giuliana, un pochino profuma di limoncino…
Che dire? Con le Aristolochia è così: o le mani o le odi. Io non le odio e non le amo: le adoro. Questi fiori così strani, alieni, a volte divertenti, a volte enormi, carnali, che sembrano ritagliati nella pelle e nella carne (si vedono le vene, i peli, lacerazioni simile a ferite, orifizi vari) che a tutto sembrano tranne che a fiori. Fiori inaspettati, effimeri e mai noiosi che ci propongono il lato oscuro di Flora. Fiori talmente vicini a noi umani che ci fanno senso: talvolta i boccioli sembrano feti di umani (Arist. grandiflora).
Dissento fortemente e direi che, nell’elenco di tutto ciò di cui si può fare a meno, nella vita, ci metterei le necessarie Aristolochia.
Saluti!
Tasha
Monza
Ciao
ho ricevuto diverse mail che mi chiedevano qualche informazione in più sulla semina delle orchidee: rispondo pubblicamente.
Premetto che le indicazioni che seguono sono inerenti alla semina delle capsule ancora chiuse: la semina di semi provenienti da capsule aperte è leggermente diversa.
SELEZIONE DELLA CAPSULA
Capsula già aperta (inadatta per questo tipo di semina)
Adatta per la semina (capsula matura ma ancora chiusa)
PREPARAZIONE DEL SUBSTRATO PER LA SEMINA IN VITRO
• Misurare la corretta quantità di sali
• Versare i sali in una beuta graduata e portare il tutto QUASI al volume totale con acqua demineralizzata
• Aggiungere lo zucchero
• Aggiungere il conservante (facoltativo)
• Portare al volume totale con l’acqua demineralizzata
• Aggiustare il Ph a 5,75 circa versando con una pipetta poche gocce di una debole soluzione di acido solforico (se troppo alcalino) o soda caustica (se troppo acido): stare molto attenti a queste due sostanze, potenzialmente molto pericolose! Se vi occupate voi della creazione della soluzione acido-acqua, versate l’acido nell’acqua, mai il contrario! Esistono anche altre sostanze adatte ad abbassare il Ph, ma non le ho mai usate.
• Aggiungere l’agar (circa 0,8/1%)
• Sterilizzare il composto in autoclave versandolo in una Erlenmeyer la cui bocca viene chiusa con un foglio di alluminio: la capacità della Erlenmeyer deve essere il doppio del contenuto. Sterilizzare il tutto per 15 minuti (nel caso di una beuta come quella fotografata: nel caso di beute più grandi, il tempo aumenta). Non superare il tempo di sterilizzazione, altrimente lo zucchero caramellizza e diventa inutile. L’autoclave deve esprimere almeno 1,2 kg cm2.
STERILIZZAZIONE DEI MATERIALI
Nella stesso autoclave in cui si sterilizza il medium, porre
• l’acqua demineralizzata sul fondo o nel serbatoio
• le provette da riempire con il medium
• gli strumenti: lame, portalame, pinze, lastra di vetro su cui tagliare (in alternativa di possono sterilizzare con l’alcool assoluto, poi fiammeggiate)
• dopo la sterilizzazione, avere l’accortezza di aprire l’autoclave all’interno della cappa disinfettata, estrarre le provette e versare il substrato nelle provette: mettere le provette inclinate, al fine di fare solidificare il substrato con la massima superficie possibile. Se l’autoclave viene aperto in ambiente sterile, tutto si contaminerà di nuovo.
PREPARAZIONE DELLE PROVETTE
• Versare la quantità necessaria nelle provette
PREPARAZIONE DELLA CAPPA A FLUSSO LAMINARE E DEGLI STRUMENTI
Dopo 15 minuti di funzionamento, lavare tutte le superfici interne della cappa con etanolo al 95%.
In alternativa all’autoclave, gli strumenti possono essere immersi in alcool e fiammeggiati
PREPARAZIONE DELLA CAPSULA
• Mentre la cappa viene azionata, ripulire la capsula del peduncolo e dei resti del fiore (colonna, labello, petali e sepali): questa operazione non deve essere fatta in ambiente asettico
• Lavare la capsula a lungo, sotto l’acqua corrente (almeno 10 minuti) con un vecchio spazzolino a setole medie, con del sapone antibatterico (si trova comunemente al supermercato o in farmacia): evitare il sapone in pietra (tende a lasciare una patina sulle superfici che potrebbero limitare l’effetto delle successive sterilizzazioni)
• Immergere la capsula in alcool puro e agitare, per una ventina di secondi
• Creare una soluzione al 2,5% di ipoclorito di sodio/calcio (la comune candeggina è a base di ipoclorito di sodio: verificare la concentrazione dell’ipoclorito e “allungare” la candeggina con tanta acqua demineralizzata quanto necessaria al raggiungimento dell’aliquota di ipoclorito necessario. È una concentrazione piuttosto forte, ma tanto la capsula racchiude i semi che non verranno mai contaminati con il cloro: in altri casi sarebbe eccessivamente tossica.
• Versare nella beuta, inserire la capsula magnetica, porre sull’agitatore e azionare per circa 10 min.
• Portare la capsula nel suo contenitore all’interno della cappa già funzionante
• Estrarre la capsula dalla beuta, immergere di nuovo nel metanolo e fiammeggiare: non fiammeggiare capsule naturalmente piccole, dato che la temperatura penetrerebbe velocemnte sino all’interno, uccidendo i semi
• Sulla lastra di vetro sterile, aprire la capsula
• Fiammeggiare la bocca delle provette
• Inserire i semi e spargerli sul substrato
• Fiammeggiare l’alluminio e utilizzarlo per richiudere le provette
Le provette, chiuse con un elastico che fermi saldamente l’alluminio, vanno collocate in un ambiente caldo e luminoso (o buio, per alcune specie, per la prima parte dello sviluppo dei protocormi, poi portati progressivamente alla luce). Le piantine dovranno essere ripicchettate in contenitori più grandi (quando saranno sufficientemente grandi per essere maneggiate) fino al raggiungimento della dimensione minima per essere piantate all’esterno, in vasi contenenti il substrato solito (ma più piccolo) o in sfagno.
Alcuni passaggi possono essere considerati “pleonastici”, ma garantiscono un livello ottimale di asepsi tanto dei contenitori quanto della capsula e dei semi.
Alcuni non usano le provette ma altri contenitori: da quelli appositamente studiati per le semine in vitro ai barattoli di vetro delle conserve.
In questo caso le indicazioni prevedono l’utilizzo di una cappa a flusso laminare: alcuni (bravissimi, secondo me) riescono a seminare sull’acqua bollente, in sostituzione della cappa: se volete vi spiego come. Alcuni sterilizzano i contenitori e il substrato nel forno a microonde (ovviamente le beute e i contenitori non devono essere chiusi con fogli metallici, cosa che l’autoclave a pressione/calore umido, invece, consente).
Ciao
Tasha
Monza
Scritto Da – nelumbo on 22 Agosto 2011 20:56:38
Era una talea acquistata da un vivaio veneto un paio di anni or sono: era alta 30 cm., ora è alta oltre 1,50 m. Ha avuto uno sviluppo eccezionale, unico tra le mie Plumeria.
Ora ne stanno fiorendo altre, ma ad altezze vertiginose (sono decisamente degli alberelli), da cui nessuno potrà mai apprezzare i fiori…
Come faccio ad averne sempre fiorite? Ne ho molte, quindi una volta una, una volta l’altra…
Saluti
Tasha
Monza
Ciao
Si è appena aperta: guardate quanti fiori si devono ancora aprire
Tasha
Monza
quote:
Quote:Benvenuto, Cristian!scusa se la butto sul piano “regionalistico”, ma sono contento di conoscere un’altro veneto come me 😀
Mi piacerebbe vedere qualche foto delle tue piante, se possibile.
Buona coltivazione!
Tasha
MonzaCiao! veneto di che parte?….ora e’ tardi,domani posto un po’ di foto,devo ancora orientarmi nel forum e capire come si fa….. 🙂
I miei sono di Venezia (ci ho abitato per un po’), Caorle, Legnaro: la mia famiglia ha radici slave e austriache e non solo 😀
Ciao
Tasha
Monza
Benvenuto, Cristian!
scusa se la butto sul piano “regionalistico”, ma sono contento di conoscere un’altro veneto come me 😀
Mi piacerebbe vedere qualche foto delle tue piante, se possibile.
Buona coltivazione!
Tasha
Monza
Buongiorno, Giuliana!
Lei mi sopravvaluta: pensa che abbia distese di orchidee (tipo orto di pomodori) fiorite, i cui fiori ondeggiano al vento e che, al passaggio della notte al giorno, si stagliano tra la gelida lama della Luna e l’ardente vampa del Sole. Il tutto, ovviamente, in un contesto tipo palme, rampicanti, ibischi…
No, non è così: sono il possessore una triste accozzaglia di piante, che spesso fioriscono senza che me ne accorga (come in questi giorno con ben due Coelogyne (pandurata e massangeana) e altre due Phalaenopsis (due simpatiche sconosciute), collocate una sopra l’altra. Le orchidee, poi, salvo rari casi, non è che siano esattamente delle bellezze, senza fiori ma, quando fioriscono, le tolgo da quel inferno, le fotografo e ve le mostro: e magari qualcuno pensa a chissacchè 😀 Serve a creare il mito, no? 😉
I Phragmipedium, ad esempio, tra i miei fiori preferiti, occupano attualmente diversi metri quadri di… cassette della frutta (quelle di plastica nera) sul lato est di casa mia: già non sono una bellezza senza fiori, immaginarli così, poi…
Credo che, del resto, ognuno abbia il giardino (o balcone, terrazzo) che gli somiglia 😀 In effetti mi sento molto “accozzaglia” anch’io.
Auguro a Lei e a tutti i forumisti un fantastico fine settimana.
Tasha
Monza
Salve!
Sono prevalentemente orientato verso le orchidee e le Agave: comunque, le colture sono cominciate da pochi mesi.
A questo punto della mia esperienza, posso dire che, con alcune piante, il protocollo è stato assai efficace (con Vanilla planifolia e Phalaenopsis sono già alla seconda generazione in vitro! Vanilla planifolia, in particolare, si è rivelata una pianta assai rispondente alla coltivazione in vitro).
Comunque non è certo facile come potrebbe sembrare l’idea di togliere un pezzettino di pianta e metterlo sopra una specie di budino trasparente… All’inizio pensavo fosse più o meno così… Invece ogni pianta ha le sue specifiche esigenze di temperatura, luce, ormoni, acidità del substrato, tempi e, soprattutto, ogni propagatore deve affinarsi sul campo (anche uno zuccone come me), col tempo, e studiare molto perchè sono molte le cose da sapere. Oltre a tutto ciò, come se non bastasse, ci sono le infezioni, sempre all’agguato, che invadono i terreni di coltura uccidendo gli espianti.
E che dire degli espianti di alcune specie (Phalaenopsis in primis, ma non solo) che hanno la sgradevole attitudine di emettere, da sole, delle sostanze nel substrato (polifenoli) che, ossidandosi, uccidono gli espianti stessi? Allora bisogna spostarli frequentemente da una provetta all’altra, fino a quando non la smettono: ciò aumenta in maniera notevole il rischio di infezioni.
Insomma, un bel impegno 😀
Ciao
Tasha
Monza
Per Federico e Giuliana: visto che ce l’ho fatta? Grazie per avermi sostenuto moralmente in questa impresa 😉
Per Giuliana: certamente, anche se ci vorrà molto tempo: nel frattempo la custodisco gelosamente 😀
Sempre per curiosità, le immagini di un meristema apicale espiantato da tre giorni: al momento è un “cubotto” millimetrico di cellule che, tra alcune settimane, comincerà a generare del tessuto tumorale più o meno indifferenziato che, successivamente, attraverso le sollecitazioni di alcune sostanze (ormoni), svilupperà delle piccole strutture, dette PLB, che a loro volta genereranno, attraverso passaggi su substrati diversi con diversi ormoni, delle piantine complete.
Buona giornata!
Tasha
Monza
Buongiorno
per pura curiosità, le immagini di come un virus può alterare la colorazione normale di un fiore di Gloriosa…
Purtroppo, nonostante la indubbia bellezza dei fiori (ricordano “il male della piumetta” dei tulipani, vero?), sono tutte piante destinate ad essere buttate 😡
Ciao
Tasha
Monza
Lycium barbarum?
Ciao e buona giornata
Tasha
Monza
Buongiorno
Anche qui nel Monzese, anche se non certo diffusissima, cresce, e anche bene.
Ne avevamo un grosso esemplare abbarbicato sui muri di una villa del Seicento in cui si trova l’ufficio per il quale lavoro: dopo molti anni (e molti inverni), all’improvviso è seccato ed è morto. Per fortuna ha lasciato qualche erede, a destra e a manca.
Tasha
Monza
Ciao
la mia prima fioritura di caffè: i fiori profumano, non moltissimo, e durano veramente poco, però…
Spero fruttifichi: sono già nervoso per la tazza di caffè nero bollente che mi farò.
Tasha
Monza
Buongiorno
aggiungo anche le mie, valà…
Qui si vede che cominciano ad ingoiare tutto quello che cresce intorno…
Ciao!
Tasha
Monza
Giuseppe
purtroppo è un “rimedio” che dubito abbia qualche effetto sulla fioritura, perchè la gemma fiorale delle Cattleya si sviluppa contestualmente al germoglio e non può essere “stimolato” successivamente, come il trucco di cui parli sembrerebbe suggerire: o c’è da subito o non c’è.
Eppoi, scusa, ma di notte, dove coltivi le Cattleya, ci sono le luci accese di continuo?
Secondo me chi ha scritto di quel trucco ha fatto una gran confusione (anzi, ha invertito proprio tutto) con la possibilità di anticipare la fioritura di ibridi di Cattleya labiata utilizzando l’illuminazione artificiale: Catt. labiata e i suoi ibridi, infatti, possono fiorire in periodi più o meno stabiliti (tipo a Natale) aumentando o diminuendo l’illuminazione che viene fornita ad integrazione di quella naturale (oltre che regolando la temperatura). Il procedimento è spiegato molto bene nel libro di Gastone Sbrana.
Insomma, credo abbiano fatto una gran confusione tra illuminazione artificiale, le Cattleya e il trattamento che si riserva alle Poinsettia pulcherrima (Stelle di Natale) per ridurre il fotoperiodo e farle fiorire…
Ciao
Tasha
Monza
Orbea variegata
Buon lavoro!
Tasha
Monza
Buongiorno
può dipendere dall’età della pianta: se è giovane, può impiegare anni ad arrivare a forza fiore: una Cattleya (che poi, solitamente, per Cattleya si intendono le Cattleya propriamente dette e molti ibridi intergenerici) fioriscono, all’incirca, dopo 4-7 anni dalla semina, talvolta anche di più. Alcune, poi, sono scarsamente fiorifere, soprattutto alcuni specifici rappresentanti delle specie: ho una bellissima Cattleya aclandiae di 25 anni che fiorisce scarsamente ma è di una varietà veramente bella, per colore e dimensione del fiore, che quindi conservo. Le consorelle del mio esemplare, invece, più vicine alla specie base, sono molto più fiorifere.
In linea generale:
*tenerla fuori durante tutta l’estate, in posizione estremamente luminosa ma non al Sole delle ore più calde, salvo sia abituata. Comunque, anche prima di esporla ai raggi del Sole delle ore più fresche, la pianta abbisogna di un paio di settimane di avvezzamento in posizioni luminose ma non assolate: progressivamente si può spostare verso posizioni più assolate
* acqua quando il substrato è asciutto, senza disidratarle
*concime ogni 15 giorni, salvo diversa indicazione del produttore di concime
*d’inverno, ripararla in casa in posizione luminosissima, non certo collocandola sopra al termosifone
Purtroppo, a parte queste solite indicazioni, non ci sono trucchi…
Buon lavoro!
Tasha
Monza
Ciao, Fede
sì, sono molto belli ma… crescono troppo! Sono incontenibili e pretendono vasche/vasi enormi per crescere bene: troppo pesanti, troppo ingombranti… Piante adatte a chi ha molto spazio a disposizione, quindi non certo io. I rizomi (gli starter, ovviamente, e non i runner -i loto hanno due tipi di rizoma-) sono, nelle forme grandi e ben coltivate, veramente colossali: due anni fa, con l’ultimo rinvaso, ne ho raccolti di grossi come il mio avambraccio, poi regalati ad una amica, che li ha piantati e hanno fiorito lo stesso anno. La divisione dei rizomi e il rinvaso richiede molto tempo (ore) e una grande manualità, dato che i rizomi sono fragili come il vetro e, se si rompono le gemme, quella parte del rizoma è spacciata.
I rizomi di loto sono, nella forma selezionata a tal scopo, eduli (gli altri sono legnosi e fibrosi: ho cotto e assaggiato i miei, uno schifo) e rientrano in alcune ricette della cucina orientale: vengono talvolta coltivati nei bidoni di latta (l’interno viene catramato) ripieni di letame, terra e… dell’immancabile acqua.
Questa varietà non fiorisce mai e si propaga attraverso i rizomi.
Anche i semi sono eduli: vengono sbucciati, a volte tostati e poi zuccherati, caramellati, confettati.
Per concludere: mai piantare i loto lungo le rive dei fiumi, nei laghi o, in generale, in luoghi naturali, dove non siano contenibili: alterano pesantemente gli ecosistemi in cui si vanno ad inserire. L’unico modo per liberarsene è sterilizzare chimicamente la zona, facendo strage di animali e piante. Alcune zone della Lombardia sono state devastate dai Loto, talmente ingombranti da limitare, talvolta, la navigazione sui fiumi (Mincio) o da annullare piccoli laghi (laghetti tra la provincia di MB e LC e CO), che si riducono a praterie di foglie e fiori, certo bellissimi.
Ciao
Tasha
Monza