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Visto che si è già accennato alle zone climatiche, quanto segue vuole essere un spunto (molto grezzo) di discussione per cercare di arrivare a qualche conclusione che possa essere di valido aiuto per tutti noi. Esistono molte classificazioni delle aree climatiche che tengono conto di vari parametri, ma in genere o non sono disponibili o sono poco utili ai nostri fini. Infatti la stragrande maggioranza delle informazioni sulla rusticità delle varie specie proviene da pubblicazioni o da siti web anglofoni, i quali da anni utilizzano il metodo proposto dal Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti (USDA) per la indicazione delle zone climatiche. Questo metodo è forse il più impreciso, ma è certamente il più semplice e facile da adottare, e si basa esclusivamente sulla media dei valori minimi annuali di temperatura registrati in un congruo numero di anni. La suddivisione delle zone secondo tale metodo è riportata in molti siti, tra cui consiglio questo per le utili indicazioni che riporta:
http://www.usna.usda.gov/Hardzone/index.html
Il metodo, come detto, non tiene conto di tutti gli altri parametri climatici che intervengono sulla rusticità o meno ed in effetti è necessario apportare delle correzioni (lo hanno fatto negli USA nel disegnare la mappa delle zone) al fini di potere applicare i dati di rusticità in situazioni diverse da quelle di origine. Esistono alcune mappe dell’Italia più o meno dettagliate, ma a mio parere tenerne conto per l’introduzione di nuove specie subtropicali e tropicali porterebbe ad una strage. Fra le tante ‘diversità’ che possono incidere o addirittura stravolgere la classificazione vi è la durata del periodo freddo, infatti per ogni specie esiste un valore minimo di temperatura di sopravvivenza legato alla durata, classico esempio quello della Cocos nucifera che supera indenne a Miami temperature minime sporadiche più basse di quelle che si hanno a Palermo, dove però muore già a fine autunno-inizio inverno quando le temperature minime cominciano ad attestarsi sui 14 –16 °C.
A questo proposito ho raccolto dati (pubblici) sulle temperature di alcune stazioni meteo italiane per ricavare la relativa zona secondo il metodo dell’USDA. A parte miei errori, sicuramente presenti, ne risulta l’immagine di una Italia tropicale, cosa che tutti sappiamo non essere. Per tentare di chiarire questa incongruenza ho riportato le medie (30 anni) delle temperature minime giornaliere di dicembre, gennaio e febbraio delle stazioni italiane e quelle di tre località degli USA; è evidente a parità di zona la marcata diversità nelle temperature medie ed è proprio questo che fa la differenza (anche se non tutta).Visto che a noi interessa ricavare una mappatura del nostro territorio tale che siano applicabili le indicazioni di rusticità di letteratura, non possiamo utilizzare il metodo alla lettera. Una maniera per risolvere il problema è quello di partire dalle temperature minime assolute, ma correggere la zona risultante sulla base delle indicazioni di rusticità, o meno, di specie note e diffuse e per far questo occorre l’esperienza sul campo di tutti. Sempre come proposta iniziale ho inserito nell’ultima colonna quella che sulla base di indicazioni sulla rusticità di amici sparsi per l’Italia, nonché di informazioni raccolte nei vari forum di giardinaggio, potrebbe essere a mio parere una classificazione cautelativa.
Ciao a tutti e scusate la prolissità…
Pietro Puccio
Palermo, zona (USDA) 9b/10aPietro
Palermo
Zona (USDA) 9b
https://www.monaconatureencyclopedia.com/enciclopedia/piante/
Caro Gabriel,
come mai viene fuori anche lo scritto a cui ti riferisci. Credo che probabilmente tu rispondi all’icona sopra in cui vi è scritto:
rispondi citando
mentre invece devi cliccare sotto, solo su rispondi. Se invece hai scelto di fare così scusami 😳
lulù
Anche se come al solito non sono di nessun aiuto volevo dirvi che vi sto seguendo molto attentamente, molto interessante 🙂
quote:
Anche se come al solito non sono di nessun aiuto ….
Non vuoi essere di aiuto! La tua profonda e ricca, per numero di specie coltivate, esperienza e la particolare situazione climatica sarebbero di grandissimo aiuto per tutti, anzi direi che il tuo potrebbe essere il contributo più significativo a questa discussione.
Pietro Puccio
Palermo
Zona climatica 9b/10a (USDA)
Temperato subtropicale (Koppen)
Pietro
Palermo
Zona (USDA) 9b
https://www.monaconatureencyclopedia.com/enciclopedia/piante/
Cara Lulù,
ti ringrazio per le informazioni tecniche, che nel mio caso sono sempre utilissime e benvenute.
Riguardo al Tetrapanax vorrei chiederti quanti anni ci vogliono per avere un bel cespo come quello del tuo giardino.
Traudi,
spero ci arrichirai presto della tue esperienze. Personalmente ne sarei interessatissimo
Pietro è sempre gentile con me 🙂 ma non saprei proprio che dire, da dove cominciare.
Al massimo potrei dire ‘sì questa da me resiste, quest’altra no’.
Intanto posso dire che durante la gelata del 10/03/05 a molte piante si è bruciata la parte aerea ma si son tutte riprese dopo una robusta potatura, a parte la Kalanchoe beharensis che si è proprio ammosciata in eterno ( fortuna ne ho recuperato un pezzetto a Miami)
La nevicata dello scorso anno invece non ha fatto danni.
Quast’anno è ancora presto, intanto le plumerie son tutte in casa 😀
Ha ragione Pietro, l’esperienza di Traudi data la sua posizione geografica è certamente interessante: un elenco delle piante delicate che vivono da anni nel suo giardino è sicuramente significativo.
Sono anch’io in una zona molto simile, ma non ho ancora l’esperienza dato che certe piante le coltivo da poco.
Paolo
un blog di caprette, ulivi e curiosità vegetali:
http://caprettetibetane.splinder.com
Sono contento che questa discussione dopo mesi di sonnolenza, improvvisamente sia diventata un hot topics.
Prendo spunto da uno scambio di vedute fra me e tomas nella discussione sulle orchidee per offrire un’altro spunto di riflessione, che può essere utile o inopportuno , non so, ma io penso che l’unica domanda stupida è quella non formulata.
Orbene io vivo sulla costa laziale vicino Ladispoli e lui a Roma e fra noi c’era una divergenza sulle temperature (i dettagli sono nella discussione sulle orchidee).
Ebbene per caso sono andato a vedere le zone climatiche nell’interpretazione che dà il DPR del 26/08/1993 n. 412, ed è venuto fuori che io e lui viviamo in zone climatiche differenti e quindi il in pratica lui può accendere il riscaldamento 15 giorni prima di me e spegnerlo 15 giorni dopo.
Considerato che il suddetto decreto cataloga tutti i comuni d’Italia, non può costituire un ulteriore utile strumento per raffinare i dati del metodo USDA ?
domy
litorale nord roma
quote:
Considerato che il suddetto decreto cataloga tutti i comuni d’Italia, non può costituire un ulteriore utile strumento per raffinare i dati del metodo USDA ?
Se pò fà! 🙂
Pietro Puccio
Palermo
Zona climatica 9b/10a (USDA)
Temperato subtropicale (Koppen)
Pietro
Palermo
Zona (USDA) 9b
https://www.monaconatureencyclopedia.com/enciclopedia/piante/
Ciao a tutti ,
– Paolo
Complimenti per il bellissimo giardino in posizione da sogno, che ho visto sul tuo sito molto ben fatto. Sono entusiasta dell’idea della lista di piante coltivate da Traudi, che già ci ha solleticato la curiosità .
– Domy
Ho letto la discussione delle orchidee e trovo che il problema della modalità di misurazione della temperatura sia effettivamente molto importante, così come il “nanoclima” in cui vengono effettuate. Quanto al sistema delle zone climatiche dei comuni italiani, lo avevo guardato qualche tempo fa. Mi sono accorto che comuni classificati nella stessa zona hanno minime notoriamente diverse. Mi sono basato sui comuni delle province che più conosco ovvero, Varese e Como. Penso che siano piû le medie mensili a influenzare questo tipo di classificazione. Comunque potrebbe essere interessante fare altre verifiche.
Da voi qual’è stata la minima nell’inverno 1985? Hai notizie dei danni avuti?
Ottima serata
Gabriel
Ciao a tutti,
Sullo spunto di Domy sono andato a ricercare la classificazione climatica dei comuni italiani e vi mando un link in cui si mostrano alcuni esempi.
http://www.eurometeo.com/italian/read/doc_climazone
Nella fascia E troviamo ad esempio Aosta e Venezia, Sondrio e Como, Ravenna e Trento.
Nella fascia D troviamo ad esempio Savona e Siena, Roma e Firenze ecc…
Nella fascia C, Imperia e Napoli, Ragusa e Benevento
Nella fascia b, Palermo con Catania
In tutti questi esempi si vede che vengono classificate nella stessa zona, località con temperature minime molto diverse, e per questo motivo, secondo me, questo sistema non può essere di grande aiuto agli acclimatatori.
Questa classificazione è però utile nel senso che ci dimostra quanto la temperatura media o comunque le tendenze climatiche siano relativamente poco significative per l’attività acclimatatoria.
Gabriel
Ciao,
in passato ho pensato di partire dai dati di cui al decreto citato da Domy, ho però rinunziato perchè intanto non ho trovato una cartina dettagliata già fatta e colorata con le zone climatiche, e mettersi a fare il lavoro di costruirla non mi è sembrato il caso, poi come è già stato evidenziato, i limiti dei territori comunali sono limiti amministrativi, quasi mai fisici e mai climatici. Tanto per fare un esempio Enna si trova su un cocuzzolo a 930 m di altitudine ed è giustamente classificata zona E, ma non tutto il territorio comunale si trova alla stessa altitudine, ma verrebbe classificato lo stesso E. Detto ciò, se esistesse una mappa comune per comune con relativa zona, o qualcuno dovesse offrirsi di farla 😉 , si dovrebbero trsformare le suddette zone in zone USDA, perchè a noi interessa sfruttare la gran mole di dati che già esiste e che si basa su tale classificazione climatica, il che ritengo si possa anche fare. La mappa che ne risulterebbe sarebe imprecisa per molte parti, ma sicuramente sarebbe molto più vicina alla realtà delle due o tre mappe dell’Italia che si trovano in rete e da cui risulterebbe un clima tropicale per buona parte delle nostre aree costiere. Quindi “se può fà”, ma chi lo fa? 😉
Pietro Puccio
Palermo
Zona climatica 9b/10a (USDA)
Temperato subtropicale (Koppen)
Pietro
Palermo
Zona (USDA) 9b
https://www.monaconatureencyclopedia.com/enciclopedia/piante/
Pietro,
usando le piante indicatrici del National Arboretum Rome è da considerarsi zona 9b-10 😀
Tomas
Io il problema della Cartina con relative zone climatiche non me lo pongo; anche perchè alla fin fine non è che interessi più che tanto.
Ad ognuno di noi interessa in genere solo sapere se in una determinata zona può crescere o meno una singola specie.
La cosa più interessante del decreto in questione è il fatto che per ognuno degli ottomila e passa dei comuni italiani riporta i gradi giorno (sia pure riferiti alla temperatura di 20°) calcolati secondo una tecnica statistica abbastanza significativa.
La teoria dei gradi giorno non è stata originata dall’industria termotecnica, ma bensì, guarda caso, dall’agrometeorologia.
All’uopo segnalo il sito
http://www.sar.sardegna.it/documentazione/agro/gradig.asp
Quindi lavorandoci attorno forse potremmo riuscire a cavarci una formula che ci consenta, come dicevo prima, di calcolare se una pianta è o meno idonea a vivere in una certa zona.
Naturalmente questo non ci mette al riparo dalle botte di freddo eccezionali tipo il 1985, pero permetterebbe di sapere se c’è disponibile la quantità di calore necessaria ad una pianta per poter crescere in maniera soddisfacente.
domy
litorale nord roma
quote:
Pietro,usando le piante indicatrici del National Arboretum Rome è da considerarsi zona 9b-10 😀
Tomas
Tomas,
non mi pare di avere visto viali di Roystonea regia a Roma…
Pietro Puccio
Palermo
Zona climatica 9b/10a (USDA)
Temperato subtropicale (Koppen)
Pietro
Palermo
Zona (USDA) 9b
https://www.monaconatureencyclopedia.com/enciclopedia/piante/
quote:
Io il problema della Cartina con relative zone climatiche non me lo pongo; anche perchè alla fin fine non è che interessi più che tanto.
Ad ognuno di noi interessa in genere solo sapere se in una determinata zona può crescere o meno una singola specie.
Appunto, ma una carta delle zone di rusticità secondo l’USDA servirebbe proprio a questo.
quote:
La teoria dei gradi giorno non è stata originata dall’industria termotecnica, ma bensì, guarda caso, dall’agrometeorologia.
I gradigiorno sono stati messi a punto proprio dall’USDA. Zone di rusticità e gradigiorno non sono due grandezze alternative, ma complementari, mentre una tende ad indicare se una piantà può sopravvivere in una data zona, l’altra serve semplicemente a prevedere il tempo che una data specie di importanza economica impiega a giungere alla maturazione. Le zone climatiche del DPR, ricavate sulla base dei gradigiorno, grazie anche alla particolarità del clima mediterraneo che non presenta le grandi escursioni termiche dei climi continentali (e degli USA), possono, con qualche aggiustamento, essere trasformate in zone di rusticità, almeno ho avuto questa sensazione.
quote:
Quindi lavorandoci attorno forse potremmo riuscire a cavarci una formula che ci consenta, come dicevo prima, di calcolare se una pianta è o meno idonea a vivere in una certa zona.
In realtà le formule servono per ricavare i gradigiorno, il legame tra questi ed il tempo per la maturazione di ogni singola specie è stato, ed è ricavato sperimentalmente, in campo e per specie di grande rilevanza economica.
Pietro Puccio
Palermo
Zona climatica 9b/10a (USDA)
Temperato subtropicale (Koppen)
Pietro
Palermo
Zona (USDA) 9b
https://www.monaconatureencyclopedia.com/enciclopedia/piante/
Riferendomi all’idea di Pietro ho provato a immaginare in modo “fantasioso” come potrebbe essere coniugato il dato DPR con la rusticità
Per la zona E si potrebbe avere ad esempio la situazione seguente
E1: t. min assoluta annuale abitualemente da -2°C -5°C (fino a 2 giorni di ghiaccio possibili)
E1a 0°C a -2°C (la lettera “a” come tiene conto di microclimi particolarmente miti dovute a situazioni orografiche o presenza di centri urbani importanti o altro. Minime da 1 a 2°C più alte)
E2: t. min assoluta annuale abitualmente
da -5°C a -8°C(fino a 4 giorni di ghiaccio possibili)
E2a
E3: t. min assoluta annuale abitualemente da -8°C a -12°C (fino a 6 giorni di ghiaccio possibili)
E3a
Si dovrebbero poi trovare le piante indicatrici per ogni zona.
E1a (arancio,limone)
E1 (arancio, mandarino, Kumquat)
E2 (olivo, oleandro, Acacia dealbata)
E3 (corbezzolo, pittosporum)
Gabriel
Ciao Gabriel,
per la verità la mia idea è un po’ diversa. In primo luogo non mi sembra il caso di creare una nuova classificazione, ma piuttosto utilizzare qualcosa di esistente, e poiché la “rusticità” è espressa in larga maggioranza mediante le zone USDA, ci piaccia o no, a quella conviene fare riferimento. Poiché le “zone” ai fini del riscaldamento di cui al DPR citato da Domy differenziano, sia pur grossolanamente come si è già detto, le varie zone, un altro punto di partenza, oltre quello ufficiale con cui ho abbozzato la tabella nel primo messaggio, potrebbe essere proprio questa classificazione, iniziando con una equivalenza “bruta” tra zone DPR e zone USDA del tipo:
A (DPR) = Zona (USDA) 10a
B = 9b
C = 9a
D = 8b
E = 8a
F = 7b
Ne risulterebbe ad es:
– Torino, Milano, Venezia e Bologna Zona 8a
– Trieste, Genova, Pisa e Roma Zona 8b
– Cagliari, Napoli e Sanremo Zona 9a
– Palermo, Catania, Messina Zona 9b
– Lampedusa e Linosa Zona 10a
Mi sembra ci sia, malgrado tutto, un buon accordo con la “mia”, per intenderci, tabella, costruita partendo da grandezze diverse, ma comunque legate alle temperature.
Pietro Puccio
Palermo
Zona climatica 9b/10a (USDA)
Temperato subtropicale (Koppen)
Pietro
Palermo
Zona (USDA) 9b
https://www.monaconatureencyclopedia.com/enciclopedia/piante/
Ciao Caro Pietro,
Capisco l’importanza di non introdurre nuove classificazioni . Quello che non riesco a capire però è l’attribuzione 8a alla zona E dal momento che in questa zona vi è ad esempio Aosta e Menaggio che hanno proprio poco per non dire nulla in comune. A Menaggio le Cycas revoluta e le Phoenix canariensis crescono bene ad Aosta assolutamente no. In tutta la Valsolda o quasi molti agrumi possono prosperare mentre in molte altre località della zona E no. Oppure se non vogliamo disturbare gli agrumi, in molte zone dei laghi i mirti e gli oleandri le agavi non solo crescono bene ma si moltiplicano spontaneamente da tempi lontani (e sono,almeno le prime due, piante indicatrici 8b secondo USDA) O per prendere un esempio meno estremo ma secondo me significativo, tra Milano e Torino c’è una bella differenza. La prima è sicuramente più mite `d’inverno e più calda d’estate.
Mettere Genova in zona 8b secondo me frenerebbe le grandi possibilità acclimatatorie di quella città così come mettere San Remo in zona 9a. E questo solo per fare alcuni esempi.
Sbaglierò ma secondo me occorre individuare delle zone basate su una “forchetta” di temperature minime abituali combinate con altre caratteristiche come la quantità abituale di neve, i giorni di ghiaccio, la presenza di nebbia o di giorni di sole invernali. Ognuno di questi aspetti “codificabile” e combinabile in una “sigla” alfanumerica di 4 o 5 elementi. A parità di temperature minime una zona sarà classificata ad esempio come più nevosa di un’altra, con o senza giorni di ghiaccio, ecc…. Allora secondo ci sarebbero delle indicazioni veramente concrete e indicative.
Sarei molto interessato di sapere cosa ne pensi, perché sono sicuro che riuscirai a farmi scoprire le molte faglie di questo mio ragionamento.
Mi scuso con te e con tutti per essere stato così lungo e temo anche confuso, ma confido nella vostra pazienza .
Gabriel
Scusate, ma evidentemente non sono in grado di rendere comprensibile il mio pensiero. Come ultimo tentativo riporto, con qualche aggiunta, il primo messaggio di questa discussione:
______
quanto segue vuole essere un spunto (molto grezzo) di discussione per cercare di arrivare a qualche conclusione che possa essere di valido aiuto per tutti noi. Esistono molte classificazioni delle aree climatiche che tengono conto di vari parametri, come ad es. queste
(come vedi, caro Gabriel, non c’è bisogno di inventarsene di nuove) ma in genere o non sono disponibili o sono poco utili ai nostri fini. Infatti la stragrande maggioranza delle informazioni sulla rusticità delle varie specie proviene da pubblicazioni o da siti web anglofoni, i quali da anni utilizzano il metodo proposto dal Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti (USDA) per la indicazione delle zone climatiche. Questo metodo è forse il più impreciso, ma è certamente il più semplice e facile da adottare, e si basa esclusivamente sulla media dei valori minimi annuali di temperatura registrati in un congruo numero di anni.
Il metodo, come detto, non tiene conto di tutti gli altri parametri climatici che intervengono sulla rusticità o meno ed in effetti è necessario apportare delle correzioni (lo hanno fatto negli USA nel disegnare la mappa delle zone) al fini di potere applicare i dati di rusticità in situazioni diverse da quelle di origine. Esistono alcune mappe dell’Italia più o meno dettagliate, come questa:
http://www.cactusedintorni.com/images/usdazoneIT.gif”
ma a mio parere tenerne conto per l’introduzione di nuove specie subtropicali e tropicali porterebbe ad una strage. Fra le tante ‘diversità’ che possono incidere o addirittura stravolgere la classificazione vi è la durata del periodo freddo, infatti per ogni specie esiste un valore minimo di temperatura di sopravvivenza legato alla durata, classico esempio quello della Cocos nucifera che supera indenne a Miami temperature minime sporadiche più basse di quelle che si hanno a Palermo, dove però muore già a fine autunno-inizio inverno quando le temperature minime cominciano ad attestarsi sui 14 –16 °C.
Visto che a noi interessa ricavare una mappatura del nostro territorio tale che siano applicabili le indicazioni di rusticità di letteratura, non possiamo utilizzare il metodo alla lettera. Una maniera per risolvere il problema è quello di partire dalle temperature minime assolute, ma correggere la zona risultante sulla base delle indicazioni di rusticità, o meno, di specie note e diffuse e per far questo occorre l’esperienza sul campo di tutti.
_____
Naturalmente le stesse limitazioni varrebbero partendo da una classificazione che usi i “gradi giorno”.
Di esempi di incongruenze (non tutte forse reali), come quelle da te, Gabriel, riportate, se ne potrebbero dare tantissimi e per questo appunto occorre apportare delle correzioni, ma – a mio parere – è molto più semplice correggere ciò che esiste, che partire ex novo. Ciò non toglie che si possa costruire una nuova classificazione di rusticità basata su metodo e parametri diversi, se è facile da applicare, se è facile creare il legame tra la specie esotica da introdurre e la zona, ben venga.
Per concludere, ribadisco che non sono lo sponsor ufficiale del metodo USDA per le zone di rusticità, personalmente ho avuto modo di costatarne la generale validità nel dare utili indicazioni (non verità) ed ormai per me è un riflesso condizionato, quando mi imbatto in una specie che potrebbe interessarmi, fare un giro in rete per vedere quale rusticità le viene attribuita. Lungi da me l’idea di voler convincere altri della sua utilità, come del resto è molto improbabile al momento, visto le prove in campo che ho avuto, convincere me del contrario.
Pietro Puccio
Palermo
Zona climatica 9b/10a (USDA)
Temperato subtropicale (Koppen)
Scritto Da – pietropuccio on 07 Febbraio 2008 09:11:52
Pietro
Palermo
Zona (USDA) 9b
https://www.monaconatureencyclopedia.com/enciclopedia/piante/
Grazie mille Pietro per la tua risposta.
Se può interessare vorrei anch’io chiarire e ribadire per l’ultima volta la mia posizione riguardo al sistema delle zone USDA. Uso questo sistema da una ventina d’anni e mi ci trovo abbastanza bene. Le piante che uso nel mio giardino sono quelle classificate di solito come, 8a,8b,9a,9b a seconda della tipologia di pianta e del microclima in cui viene piantata. Di solito privilegio la letteratura che descrive bene le esperienze di coltivazione e che fornisce molti dettagli sui fenomeni atmosferici a cui le piante sono state confrontate oltre alle caratteristiche generali del clima in questione e valuto questi dati alla luce della varietà degli scenari climatici della mia zona. Questo permette in parte di prevedere ed evitare i casi limite come quello eloquente da te citato del Cocos nucifera. Sempre più vi sono testi che francesi, italiani e tedeschi che possono essere di grande aiuto per gli acclimatatori. E naturalmente ci vuole chi come te da tanti anni fa opera di pioniere e tanto può insegnare. Per la mappatura come dici ci vuole il contributo sul campo di tutti.
Gabriel
Che interessantissima discussione che avete avviato! 🙂
E’ da quando è stata aperta che avrei voluto partecipare fattivamente, provando a portare un minimo di contributo. Che, come sa bene chi mi conosce, sarebbe esclusivamente di tipo dilettantistico, perchè non sono un addetto ai lavori!.
Come forse tutti voi appassionati di piante esotiche tropicali e subtropicali (io ho però la preferenza per quelle da frutto..) 😳 , ho sbattuto la testa per molto tempo con dati climatici, con medie, minime medie, minime assolute, gradi-giorno, ecc. ma anche con la rusticità delle piante riportata in letteratura (tabella con centinaia di piante da frutto trop. e subtr, con zona USDA risultante dalle Temp. di danneggiamento e Temp. fatali, provenienti da fonti diverse…)…e giocoforza con le Zone USDA e relativa tebella di rusticità.
Però sono stato e sono tuttora presissimo dal lavoro e altri impegni e dovrò pazientare ancora un pò.
Ma siccome ho la forte impressione che stiate per iniziare a “far quagliare la discussione”, cioè a fare sul serio…vorrei farvi perdere ancora un pò di tempo bloccandovi ancora alla fase di Brainstorming… 😀 Vi confiderò quindi un mio dubbio amletico:
va bene che si può provare a risalire e definire empiricamente alla zona USDA, ma prima bisogna mettersi d’accordo nel elencare non solo le specie di riferimento, ma anche le varietà da utilizzare. Questo perche a volte vi sono anche discrete differenze di rusticitá, da una varietá all altra!
Per chiarire meglio il mio discorso, vi faccio un esempio concreto: so che vi sono varietà di Avocado che vanno bene solo fino alla zona 9b..altre che si spingono fino alla zona 9a…se non oltre!…
Idem per i banani da frutto: alla Cavendish già sta strettina la zona 9a, mentre la Misi Luki o la Brasilian (almeno in letteratura…io ne la Dwarf Bras. e vi garantisco che si trova benissimo anche adesso!..) sopravviverebbe fino alla zona 8!.. E via dicendo.
Quindi propongo, prima di partire con la mappatura e le segnalazioni, di verificare bene le specie con le relative varietà di riferimento. In modo da “tarare” bene il nostro sistema di misura empirico e avere quindi più certezza sui risultati ottenuti.
PS
Scusate il modo confuso, brusco e poco curato con cui scrivo, ma ho usato il cellulare e perdippiù..sono sul treno!..
Prov. CT
Scritto Da – Francesco on 07 Febbraio 2008 17:11:41
Ciao Francesco e benvenuto in questo discussione!
Mi sembri tutt’altro che dilettantesco (rispetto a me sicuramente no, anzi…) ed in poche righe hai già dato delle informazioni che mi sembrano molto importanti ed interessanti. Anch’io penso che più si sarà concreti, parlando anche di varie specie e varietà meglio sarà. Ho comunque l’impressione che la mappatura o la definizione delle zone sarà impresa ardua e lunga. Sarà già molto riuscire ad allargare le aree di coltivazione di certe piante fruttifere e non.
Un’altro concetto che mi sembra molto arricchente tra i vari da te evocati, menzionerei quello della differenza tra temperatura di danneggiamento e temperatura fatale. A volte possono differire di molto ed aprire nuove prospettive acclimatatorie.
Gabriel
Grazie Gabriel!
Naturalmente la maggior parte di noi, con temperatura minima (e anche massima: infatti spesso le piante tropicali da noi soffrono molto il caldo arido del nostro mediterraneo!) delle piante, intende quella che le danneggia o le fa morire!
Ma, tanto per complicare le cose (e non stiamo toccando il tema luminosità, durata delle ore di luce, umidità, ecc.), in molti casi le piante per crescere, fiorire e anche per fruttificare hanno bisogno anche di determinati altri range ideali di temperatura. Per di più in un certo periodo dell’anno e con una certa durata di tempo!…
Ne so qualcosa con le prove che sto facendo con tutte le mie Passiflora Ligularis sparpagliate a destra e a manca nel mio giardino: a sud, a est, all’aperto, sotto gli agrumi, sotto i patio e in deirezione sud e est…ma nulla da fare!…ma aimè…ancora non ho mai visto i bei fiori e soprattutto i buonissimi frutti (Granadilla)! Perchè in inverno, paradossalmente, se la passa benissimo…ma in estate NEIN! Troppo caldo e poca umidità ambientale!.. 😡
Prov. CT
Scritto Da – Francesco on 08 Febbraio 2008 11:21:27
Ciao Francesco,
Eh si Francesco, a volte è proprio difficile assicurare le condizioni ottimali di crescita anche nei casi in cui la sopravvivenza non è minimamente messa in discussione. Per quanto riguarda la passiflora ligularis non è certo delle più facili in clima molto caldo. Potresti eventualmente provare in posizione nord magari umidificando quotidianamente il fogliame nei periodi più aridi e caldi.
Gabriel
quote:
Grazie Gabriel!Naturalmente la maggior parte di noi, con temperatura minima (e anche massima: infatti spesso le piante tropicali da noi soffrono molto il caldo arido del nostro mediterraneo!) delle piante, intende quella che le danneggia o le fa morire!
Ma, tanto per complicare le cose (e non stiamo toccando il tema luminosità, durata delle ore di luce, umidità, ecc.), in molti casi le piante per crescere, fiorire e anche per fruttificare hanno bisogno anche di determinati altri range ideali di temperatura. Per di più in un certo periodo dell’anno e con una certa durata di tempo!…
Ne so qualcosa con le prove che sto facendo con tutte le mie Passiflora Ligularis sparpagliate a destra e a manca nel mio giardino: a sud, a est, all’aperto, sotto gli agrumi, sotto i patio e in deirezione sud e est…ma nulla da fare!…ma aimè…ancora non ho mai visto i bei fiori e soprattutto i buonissimi frutti (Granadilla)! Perchè in inverno, paradossalmente, se la passa benissimo…ma in estate NEIN! Troppo caldo e poca umidità ambientale!.. 😡
Prov. CT
Scritto Da – Francesco on 08 Febbraio 2008 11:21:27
Capisco l’importanza di non introdurre nuove classificazioni . Quello che non riesco a capire però è l’attribuzione 8a alla zona E dal momento che in questa zona vi è ad esempio Aosta e Menaggio che hanno proprio poco per non dire nulla in comune. A Menaggio le Cycas revoluta e le Phoenix canariensis crescono bene ad Aosta assolutamente no. In tutta la Valsolda o quasi molti agrumi possono prosperare mentre in molte altre località della zona E no. Oppure se non vogliamo disturbare gli agrumi, in molte zone dei laghi i mirti e gli oleandri le agavi non solo crescono bene ma si moltiplicano spontaneamente da tempi lontani (e sono,almeno le prime due, piante indicatrici 8b secondo USDA) O per prendere un esempio meno estremo ma secondo me significativo, tra Milano e Torino c’è una bella differenza. La prima è sicuramente più mite `d’inverno e più calda d’estate.
Mettere Genova in zona 8b secondo me frenerebbe le grandi possibilità acclimatatorie di quella città così come mettere San Remo in zona 9a. E questo solo per fare alcuni esempi.
Giusto quello che dici: infatti nel famoso decreto c’è scritto che Aosta ha bisogno di 2850 gradi/giorno, mentre a Menaggio ne servono solo 2222, Torino 2617, Milano 2404.
Quindi la prima riflessione è che probabilmente la suddivisione di cui all’art2 del DPR:
Il territorio nazionale è suddiviso nelle seguenti sei zone climatiche in funzione dei gradi- giorno, indipendentemente dalla ubicazione geografica:
Zona A: comuni che presentano un numero di gradi-giorno non superiore a 600;
Zona B: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 600 e non superiore a 900;
Zona C: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 900 e non superiore a 1.400;
Zona comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 1.400 e non superiore a 2.100;
Zona E: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000;
Zona F: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000.
La tabella in allegato A, ordinata per regioni e province, riporta per ciascun comune l’altitudine della casa comunale, i gradi-giorno e la zona climatica di appartenenza.
non è detto che si debba per forza attagliare pari pari alle zone USDA. Probabilmente la tabella, ai nostri fini andrebbe riconsiderata come limiti inferiori e superiori delle varie zone climatiche.
Come se non bastasse i gradi giorno della famosa tabella dell’allegato A sono stati calcolati con un sistema da termotecnico cioè la formula per ogni singolo giorno è stata la seguente:
Tint-(Tmax+Tmin)/2=gradi giorno
Per definizione
Tint=20°
In pratica i gradi-giorno del DPR indicano il calore che gli impianti di riscaldamento devono produrre per mantenere la temperatura negli ambienti interni.
La formula usata in agrometeorologia invece è diversa, praticamente a rovescio, perche indica la quantità di calore accumulata in una determinata zona ai fini della crescita di una determinata specie.
Quale dei due approcci sia il più valido ai nostri fini non sono riuscito a capirlo ancora.
domy
litorale nord roma
Ciao Domy,
I gradi-giorno, come giustamente hai ricordato mostrando la formula, tengono conto della temperatura massima e minima in egual misura. Già questo aspetto rende secondo me quasi impossibile la ricerca di una seppur sommaria equivalenza con le zone USDA e non riesce a distinguere “mitezza” e “continentalità”.
Faccio ancora quattro esempi:
Bologna 2259
Modena 2258
Sirmione 2229
Cannero Riviera: 2597
Verbania: 2496
Vediamo bene come alcuni centri noti per le loro possibilità “acclimatatorie” hanno gradi-giorno superiori o di poco inferiori a zone con possibilità nettamente minori.
Gabriel
Quello che dici non fa una grinza e lo condivido pienamente.
Però la taroccatura per me non sta nel calcolo della temperatura media ottenuta dalla somma di minima e massima diviso due.
Il problema sta principalmente nell’utilizzo della base di 20°, che praticamente sballa tutto, livellando località con caratteristiche climatiche differenti.
Usando una temperatura fra i 10 ed i 15 gradi e poi usando i valori positivi del cosiddetto accumulo termico i risultati potrebbero essere più probanti.
Ciò non toglie che i picchi di minime che si trovano in anni particolari comunque non vengono rilevati dal sistema in quanto statisticamente non significativi.
domy
litorale nord roma
In effetti con un altro valore (T. int.) sarebbe più interessante, ma purtroppo per noi, tutto il sistema è stato calcolato diversamente. E in ogni caso sarei scettico sul fatto di “mescolare” minime e massime, perché questo rende meno leggibile l’ effettiva capacità climatica di una zona di garantire certi tipi di colture. Il sistema USDA ha invece il pregio di prendere in condiderazione le minime assolute annuali, ciò che rimane pur sempre un’elemento particolarmente importante per noi. Tuttavia anche con questo sistema non è sempre facile identificare la tipologia del clima dato che a parità di media le minime assolute effettivamente rilevate possono essere molto diverse e dunque l’impatto sulla vegetazione molto diverso. Teoricamente una piante che resiste in una zona classificata 8b potrebbe avere problemi in una zona classificata 9a ( e questo anche a parità di temperature massime e medie annuali)
Con questo non voglio chiaramente dire che questo sistema USDA non abbia una sua importanza, specialmente in riferimento alla sua larga diffusione internazionale.
Gabriel
quote:
E in ogni caso sarei scettico sul fatto di “mescolare” minime e massime, perché questo rende meno leggibile l’ effettiva capacità climatica di una zona di garantire certi tipi di colture. Il sistema USDA ha invece il pregio di prendere in condiderazione le minime assolute annuali, ciò che rimane pur sempre un’elemento particolarmente importante per noi.
Consentimi di dissentire da questa affermazione, perchè penso che una pianta comunque ha la capacità di sopportare una temperatura di picco di minima al disotto della sua tolleranza; invece probabilmente soccomberà se si trova con delle temperature medie sistematicamente inferiori alla temperatura media minima richiesta per quella coltura.
domy
litorale nord roma
Ciao Domy ,
Ti ringrazio per questo tuo dissenso che mi permette, spero, di di esporre con maggior efficacia il mio pensiero e che questo tuo intervento possa far riprendere questo argomento che si era un po’ arenato.
Rispetto a quello che hai “quotato” del mio messaggio, ho solo voluto dire che secondo me, vanno distinte (ovvero non mischiate) le medie delle minime dalle medie delle massime. Questo permetterebbe di capire meglio la mitezza o la continentalità di una zona. Avevo fatto in quel messaggio l’esempio di Cannero Riviera, in cui si coltivano tradizionalmente gli agrumi senza problemi, che secondo il sistema dei gradi giorno, appare più fredda di zone in cui gli agrumi non si possono coltivare o comunque non in modo duraturo. Da qui la mia idea di prendere in considerazione le minime e le massime in modo separato.
Il sistema USDA permette di occuparsi delle medie delle minime (seppur con i limiti che avevo esposto) Sarebbe interessante anche un sistema che si occupasse delle medie delle massime o della medie annue.
Rispetto a quanto dici qui di seguito
[/quote]
una pianta comunque ha la capacità di sopportare una temperatura di picco di minima al disotto della sua tolleranza; invece probabilmente soccomberà se si trova con delle temperature medie sistematicamente inferiori alla temperatura media minima richiesta per quella coltura.
Domy, ma qual’è la temperatura media minima richiesta per un Phoenix canariensis ?
In Bretagna ci sono dei Canariensis da sogno con con una media annuale di 10-11°C. Ci sono invece delle zone che hanno delle media annuali di 13° o 14° , come in certe zone d’italia centrale o settentrionale o in francia meridionale dove i canariensis hanno vita molto più grama, se ce l’hanno.
E anche se volessimo parlare della temperatura media minima delle minime (assolute annuali o semplicemente annuali), il discorso non sarebbe neppure qui così chiaro.
A seconda di come è composta una serie di una media, puoi avere dei risultati molto diversi. Ci può essere una zona dal clima molto costante, con più o meno sempre le stesse minime annuali, ed altre zone più esposte che possono avere grandi scarti ed irregolarità nei valori minimi.
Per questo ci vuole molta prudenza nell’interpretazione in concreto di un dato ottenuto da medie.
Comunque ripeto l’essenziale del mio messaggio, preso nel suo contesto che era quello dell’uso dei gradi giorno, è che questo sistema secondo me è debole per i nostri fini, perché non scinde le medie delle minime, dalle medie delle massime, ed in questa misura, secondo me foriero di risultati alquanto fuorvianti. Una considerazione separata di questi due criteri invece potrebbe essere utile.
Se ho capito bene, secondo te il problema dei gradi giorno non è quello di “mescolare minime e massime”
Saluti,
Gabriel
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