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Un modo indiretto, ma -ritengo- non del tutto privo di senso, con il quale tentare di portare nuova acqua -si fa per dire- al mulino della problematica USDA in Italia è il riferimento alla vegetazione autoctona, non tanto attraverso la sua fisionomia bioclimatica (fascie fitoclimatiche di Pavari o altro), ma sulla base di specie indicatrici, che in alcuni casi fanno proprio la differenza tra due aree geografiche formalmente attribuibili alla medesima zona USDA sulla base dei meri parametri climatici. E’ il caso della pianura padana (scusate se qui tiro l’acqua al mulino del Nord), per la quale una lunga tradizione di studi fitosociologici (per i non addetti ai lavori, la fitosociologia studia le comunità vegetazionali autoctone su base floristica, cioè su una perfetta conoscenza di tutte le specie che le costituiscono), facente capo principalmente all’Università di Pavia,ha ormai stabilito che la vegetazione climax del settore occidentale padano (qualcosa che dovrebbe ricordare la foresta padana primigenia)comprende numerose specie eurimediterranee (Asparagus tenuifolius, Galeopsis pubescens, Ruscus aculeatus, Polygonatum multiflorum ecc., nell’associazione battezzata Polygonato multiflori-Quercetum roboris), che analoghe vegetazioni delle pianure centroeuropee non si sognano minimamente di possedere. Lo stesso vale per il settore orientale della pianura padana, nel quale si aggiungono entità di origine mediterraneo-illirica (Lonicera etrusca, Allium pendulinum, Carpinus orientalis ecc.). Ebbene, è evidente che sul piano dei singoli progetti di acclimatazione, questo dato serve poco, tuttavia è molto utile nelle considerazioni generali di carattere preliminare, in quanto smentisce un’idea diffusa ed errata (tradizionalmente riportata anche in trattati e libri scolastici) che la pianura padana altro non sia che una sorta di extensio Europae Mediae che arriva al di qua delle Alpi e si ferma sotto l’Appennino, una terra climaticamente e vegetazionalmente non diversa, appunto, dall’Europa centrale e atlantica. E’ la terra, è vero, delle farnie, dei salici e dei pioppi, né più né meno come l’Haute Artois o il South England, ma presenta caratteri tutti propri grazie, di fatto, alla sua effettiva appartenenza (pregressa ed attuale)alla zona Mediterranea, e lo si vede attraverso l’importante contingente delle sue specie termofile. Di fatto -lo ripeto- so benissimo che quanto sopra non può sostenere a priori la scelta di un 9b piuttosto che di un 10a, ma nel quadro generale consente di non dover porre sullo stesso piano le chances acclimatatorie di una specie in Italia e in Germania.
Chiedo scusa a tutti per lo sproloquio, ma mi premeva sottolineare alcuni concetti.
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